Quanto tempo vi serve per capire se una canzone vi piace? Dimenticate lunghi e attenti ascolti, bastano 5 secondi per decidere se un pezzo ci piace oppure no. Lo afferma uno studio della New York University che ha condotto un esperimento con 650 volontari di età compresa tra i 17 e gli 87 anni. Obiettivo: verificare quanto tempo fosse necessario per esprimere un giudizio su una canzone. A questo scopo sono state selezionate 270 canzoni che sono state fatte ascoltare per intero o utilizzando egli estratti della durata di 5, 10 o 15 secondi.
A loro volta, gli estratti sono stati presi da parti diverse delle canzoni: dall'introduzione, dai ritornelli, dalle strofe, dall'outro. Stessa cosa per i generi musicali considerati che sono stati estremamente vari e hanno compreso brani di un periodo temporale comprendente gli ultimi 80 anni.
Dopo l'ascolto i partecipanti hanno espresso il loro gradimento e la conclusione è stata che questo ha differito solo in minima se l'ascolto aveva riguardato l'intera canzone o solo un estratto, indipendentemente dalla sua durata.
La cosa ancora più sorprendente è stata che il giudizio sulla valutazione degli estratti non ha risentito nemmeno delle parti della canzone da cui erano stati estrapolati, cosa curiosa se si considera che nell'arco dell'intera canzone le proprietà acustiche possono cambiare notevolmente, eppure nemmeno questo ha influenzato il livello di gradimento.
Cos'hanno concluso i ricercatori? Che quello che ci fa decidere se una canzone ci piace oppure no ha poco a che vedere con il pezzo in sé ma risente dell'atmosfera generale che riesce a trasmetterci, delle nostre aspettative e dal risultato delle esperienze di ascolto che abbiamo avuto in precedenza.
Domandiamo a Mico Argirò, cantautore con cui ci siamo più volte consultati per discutere diversi argomenti collegati alla musica, che effetto fa il risultato di questa ricerca a chi compone canzoni. Lo ritieni attendibile?
No, non lo ritengo attendibile. Non voglio parlare male della scienza, in questi tempi è tipo peccato mortale; chiaramente gli scienziati avranno fatto un buon lavoro, sistematico, ma il tentativo di misurare l'immisurabile è per forza fallimentare.L'Arte ha così tante variabili nel connettersi a noi che davvero è impensabile, per me, dire che non cambia niente il punto in cui viene estrapolato un pezzo del brano, il suo testo, la sua intensità. Poi il giudizio risente di così tante variabili (di gusti, di tempo, di moda, di situazione emotiva, di gruppo sociale) che non è affidabile.
È cosa buona cercare di studiare e approfondire l'arte e i suoi meccanismi, spesso misteriosi, ma non so se un approccio scientifico sia l'ideale.
Ritieni che queste conclusioni penalizzino il lavoro di un autore?
Vista così svilisce un po' il processo artistico e tutta l'emotività che, oggettivamente, c'è dietro la scrittura, l'esecuzione e anche l'ascolto di una canzone. La canzone è un universo che, per essere compreso, ha bisogno di attenzione e amore e non è un caso se è nell'età dell'adolescenza che ascoltiamo di più musica e che ci leghiamo più strettamente ad essa: perché viviamo con più amore, con più passione.
Pensi che chi compone canzoni possa tenere conto di questo studio, e se si, in che modo?
Sicuramente. Credo che i primi secondi nei quali ascoltiamo un brano o conosciamo una persona o guardiamo un quadro siano fondamentali, ci si gioca tantissimo in quei secondi, è lì buona parte dell'accordo tra oggetto e soggetto (per dirla alla Kant). Certo non è tutto, ma il resto pretende uno sforzo di impegno e questo impegno non è da tutti, anzi, oggi è cosa estremamente rara.Non dimenticherò mai un consiglio che mi fu dato da Lucia Stefanelli Cervelli, donna di teatro e di scrittura: nei primi minuti bisogna stupire lo spettatore, colpirlo, affascinarlo. È nei primi minuti che capisce se lo spettacolo gli piacerà o meno.Questo, sempre e chiaramente, senza toccare il lato artistico e contenutistico, tutto deve avere senso.