Per essere un bravo batterista devi avere ritmo, coordinazione e tecnica, ma per essere un ottimo batterista questo non basta. Ci vuole agilità, riflessi che sfidano la velocità della luce, narcisismo scenico a gogò e una buona dose di follia.
Quando vedi suonare Keith Moon la prima cosa che ti chiedi è, dove ha nascosto l'
hi-hat? seconda cosa: siamo sicuri che sia stato definito il 2º più bravo batterista di tutti i tempi dalla rivista
Rolling Stone?
Vedere suonare
The Who è vedere suonare Keith Moon, quel polipo infuriato che sbatte piatti e casse apparentemente a casaccio, quel simpatico londinese con una spontaneità e una naturale propensione al ritmo che faceva di quella confusione di battiti e percussioni, un'opera musicale che non ha bisogno di tecnicismi.
Keith Moon eccentrico, Keith Moon brillante, Keith Moon showman, è riuscito a fare della batteria, prima di lui relegata allo sfondo scenico, uno strumento front-line e non più un semplice accompagnamento.
Nel 1974 si esibisce in solitario per il canale
ABC. Prima cosa che salta all'occhio, gli otto toms a formar parte del suo equipaggiamento strumentale con la sorprendente capacità di poterli usare tutti. Mostra un viso dipinto a strisce come se fosse il capo di una tribù africana, ma lui è un'icona mod, è il batterista de The Who, colui che cerca complicità nei movimenti e negli accordi del chitarrista
Pete Townshend e che rompe il suo strumento con la stessa naturalezza usata nel manovrare le bacchette, colui che fa esplodere la gran cassa durante un programma della Tv nazionale inglese lasciando tutti senza fiato, oltre che senza udito.
Stravagante, folle personaggio oltre che eccellente umorista. ''Distruggere cose'' non era il suo passatempo preferito ma semplicemente il suo modo di essere e fare della sua vita, come delle sue performance, uno show pazzesco con finale deflagrante.
Prenotare un hotel era l'incubo del road manager perché quello stronzo di Keith non se ne sarebbe andato da lì senza distruggere qualcosa. Niente di più vero. Una volta, in strada verso l'aeroporto, insistette per tornare indietro dicendo ''mi sono dimenticato una cosa'', ritornati all'hotel, risalì nella stanza e buttò il televisore dalla finestra. ''Quasi me ne dimenticavo''.
Se smettere di rompere la sua batteria o qualsiasi altra cosa era impensabile, rinunciare all'autodistruzione era praticamente impossibile. Droghe e alcol sono i compagni di viaggio perfetti, soprattutto se hai una reputazione da mantenere. E poi, se svieni nel bel mezzo della canzone Won't get folled again al Cow Palace di Daly City, dopo esserti impasticcato con Ketamina, non importa, un tizio del pubblico ti sostituirà per il resto del concerto.
Ironia della sorte, nella copertina dell’ultimo disco appare seduto su di una sedia il cui schienale reca la frase not to be taken away. Un mese dopo, morì di un’overdose causata dalle pastiglie che avrebbero dovuto aiutarlo ad uscire da quel piacere che era diventato il suo più grande castigo. Non suonò mai dal vivo le canzoni dell’album Who are you.
Qualcun altro lo fece al posto suo, in silenzio e in seconda fila, senza mai rubare la scena a nessuno.