Rap italiano
Il rap italiano è una guerra di galli, che da nord a sud si danno battaglia a colpi di rime in dialetto, in italiano o in inglese. Spaccano il culo coi loro tatuaggi, con la voglia di essere famosi e con l’aria da bulli di periferia. Di ispirazione prettamente americana, ma non solo, il panorama che viene offerto dagli anni ‘80 in poi è un surrogato di mix variegato echeggiante al rap; è hip hop nostrano pane e mortadella. Ma alla fine raga, è pop di cattivo gusto o roba da pezzi tosti? Salmo o Fedez, Fabri Fibra o i Club Dogo, battaglia di parole o trovate pubblicitarie? Ferite vere o parole false? In questa playlist troverete un po’ di tutto: il meglio e il peggio, secondo ovviamente i vostri gusti hiphoppari. Catenacci al collo, canotte, pantaloni larghi, etnies ai piedi, faccia da duro e cappellino rovesciato.
Il Rap Italiano: La potente espressione musicale delle strade
Il Rap è stato introdotto in Italia negli anni '80 e da allora è diventato un genere musicale estremamente popolare. Il Rap Italiano ha catturato l'attenzione di molti, con la sua capacità di esprimere la realtà delle persone di strada in modo crudo e autentico. Questo genere musicale è stato utilizzato come strumento di protesta e di denuncia delle ingiustizie sociali nei quartieri italiani.
Il Rap Italiano ha le sue radici a New York, dove ha iniziato a svilupparsi in modo diverso rispetto alla musica hip-hop tradizionale. In Italia, il Rap ha iniziato ad emergere negli anni '80 grazie a cantanti come Jovanotti, Ice One e Club Dogo. Negli anni '90 il Rap Italiano è diventato popolare grazie a diversi artisti come Fabri Fibra, Marracash, Gué Pequeno e Salmo. Questi artisti hanno portato il Rap Italiano a livelli mai visti prima, con testi potenti e profondi, che parlano delle questioni sociali.
Il Rap Italiano ha una vasta gamma di sub-generi, come il Trap, l'Old School, il Gangsta Rap, il Conscious Rap e il Political Rap. Il genere è conosciuto per i suoi testi impegnativi, le basi forti, le melodie dove l'uso del sintetizzatore si combina con la batteria e la chitarra elettrica. Il Rap Italiano è intimamente legato alla cultura di strada italiana e alle sue esperienze. Questo tipo di musica utilizza spesso in un mix tra le lingue, utilizzando sia l'italiano che i dialetti locali per esprimere meglio l'emozione e l'esperienza.
Le canzoni del Rap Italiano sono spesso scritte per esprimere le esperienze della vita, le lotte, la violenza e per portare alla luce alcune questioni sociali come l'immigrazione, la criminalità e la povertà. Alcune delle canzoni più iconiche del Rap Italiano includono Non è Peccato di Club Dogo, Succo di Zenzero di Fabri Fibra, Marilyn di Ghali, Glock di Sfera Ebbasta e Trap Phone di Salmo.
Nonostante le liriche agghiaccianti, il Rap Italiano spesso viene criticato per il contenuto violento, sessista e il linguaggio crudo utilizzato nei testi. Tuttavia, molte persone credono che questo genere musicale sia una forma di espressione artistica di cui le persone hanno bisogno per esprimere le loro esperienze di vita e mettere in discussione il modo in cui è costruita la società in cui vivono.
Il Rap Italiano ha conquistato il cuore delle persone grazie alla sua capacità di esprimere la vera vita delle persone di strada in modo crudo e autentico. Esso è un genere musicale che parla di lotte, violenza, disagio e povertà, ma che allo stesso tempo fornisce agli ascoltatori la possibilità di sentirsi compresi e di esprimere le loro storie. Anche se a volte viene criticato per il contenuto violento dei suoi testi, il Rap Italiano risuona in modo potente presso le persone di ogni classe sociale, fornendo una voce alle ingiustizie sociali e culturali presenti in Italia.
Il Rap Italiano: La potente espressione musicale delle strade
Il Rap è stato introdotto in Italia negli anni '80 e da allora è diventato un genere musicale estremamente popolare. Il Rap Italiano ha catturato l'attenzione di molti, con la sua capacità di esprimere la realtà delle persone di strada in modo crudo e autentico. Questo genere musicale è stato utilizzato come strumento di protesta e di denuncia delle ingiustizie sociali nei quartieri italiani.
Il Rap Italiano ha le sue radici a New York, dove ha iniziato a svilupparsi in modo diverso rispetto alla musica hip-hop tradizionale. In Italia, il Rap ha iniziato ad emergere negli anni '80 grazie a cantanti come Jovanotti, Ice One e Club Dogo. Negli anni '90 il Rap Italiano è diventato popolare grazie a diversi artisti come Fabri Fibra, Marracash, Gué Pequeno e Salmo. Questi artisti hanno portato il Rap Italiano a livelli mai visti prima, con testi potenti e profondi, che parlano delle questioni sociali.
Il Rap Italiano ha una vasta gamma di sub-generi, come il Trap, l'Old School, il Gangsta Rap, il Conscious Rap e il Political Rap. Il genere è conosciuto per i suoi testi impegnativi, le basi forti, le melodie dove l'uso del sintetizzatore si combina con la batteria e la chitarra elettrica. Il Rap Italiano è intimamente legato alla cultura di strada italiana e alle sue esperienze. Questo tipo di musica utilizza spesso in un mix tra le lingue, utilizzando sia l'italiano che i dialetti locali per esprimere meglio l'emozione e l'esperienza.
Le canzoni del Rap Italiano sono spesso scritte per esprimere le esperienze della vita, le lotte, la violenza e per portare alla luce alcune questioni sociali come l'immigrazione, la criminalità e la povertà. Alcune delle canzoni più iconiche del Rap Italiano includono Non è Peccato di Club Dogo, Succo di Zenzero di Fabri Fibra, Marilyn di Ghali, Glock di Sfera Ebbasta e Trap Phone di Salmo.
Nonostante le liriche agghiaccianti, il Rap Italiano spesso viene criticato per il contenuto violento, sessista e il linguaggio crudo utilizzato nei testi. Tuttavia, molte persone credono che questo genere musicale sia una forma di espressione artistica di cui le persone hanno bisogno per esprimere le loro esperienze di vita e mettere in discussione il modo in cui è costruita la società in cui vivono.
Il Rap Italiano ha conquistato il cuore delle persone grazie alla sua capacità di esprimere la vera vita delle persone di strada in modo crudo e autentico. Esso è un genere musicale che parla di lotte, violenza, disagio e povertà, ma che allo stesso tempo fornisce agli ascoltatori la possibilità di sentirsi compresi e di esprimere le loro storie. Anche se a volte viene criticato per il contenuto violento dei suoi testi, il Rap Italiano risuona in modo potente presso le persone di ogni classe sociale, fornendo una voce alle ingiustizie sociali e culturali presenti in Italia.
2024-10-17
Come diventare una rap o una rock star
Due dritte te le voglio dare, due consigli, così magari eviterai di rimanere frustrato tutta la vita, con la tua speranza nascosta. Per essere una rap star o una rock star, innanzitutto, ci devi credere, più che credere, devi esserlo, non devi essere un pupazzetto commerciale, devi essere cresciuto al limite, devi aver avuto una esperienza fuori dal normale, se no la musica che vuoi suonare se ne accorge, ne risente e diventi uno dei tanti che fanno musica decente.
Ti faccio un paio di esempi per farti capire, se vuoi fare punk devi bucarti, devi vivere di stenti, dormire su un materasso smangiato dai topi senza lenzuola per anni, avere solo una chitarra con le corde marcie e devi vivere hardcore, ai margini dell’INPS. Se vuoi essere una stella del blues, devi avere la sindrome dello schiavo, devi essere malinconico, soffrire durante il giorno, liberare la tua indole di notte, passare numerose nottate alcoliche seduto a suonare coi tuoi compari. Devi far sì che la gente conosca il bar, perché ci sei tu. Se vuoi essere una stella del rock psichedelico, devi farti di oppio, arrivare a vedere i mostri che latitano oscuri nel nostro cervello e raccontarli con la tua voce o con la tua chitarra. Devi interpretare i tuoi sogni malati e spiegarli a noi, comuni mortali. Se vuoi fare reggae, devi farti come minimo i rasta (scherzo).
Se vuoi fare rap italiano, devi aver sparato, devi essere scappato sui tetti dei vicini con una busta di coca in tasca, devi sfidare i poliziotti con lo sguardo, devi aver vissuto nel ghetto, devi litigare per cagate e per orgoglio.
Spero di essermi fatto capire: non è l’abito che fa il monaco! Devi essere vissuto, sarà il contorno sociale che ti ha investito negli ultimi anni a dare sentimento a quello che suonerai e che sarà la molla che ti farà diventare famoso, perché vorrai uscire dalla m••••. Praticamente, amico, se vieni da una famiglia borghese, il tuo compito sarà molto difficile, abbandonala con le 4 cose a cui tieni di più e esci a vivere di stenti.
Se vuoi essere una stella pop devi essere un attore in piena regola, devi interpretare, devi essere Esopo, devi essere un camaleonte della scena, devi mentire, devi mentirti, devi risplendere di luce propria, devi essere l’attrazione della festa.
Seconda cosa che devi avere è il talento, senza quello non vai da nessuna parte, devi studiare, devi essere un virtuoso, devi sempre cercare di migliorarti, devi provare nuove tecniche, sperimentare, trovare quello in cui sei il migliore. Per spaccare, inoltre, devi avere fra i 20 e i 25 anni, in quell’età puoi vivere sul filo del rasoio, vivere giorno per giorno, improvvisare. Passata quella età puoi fare come me, che scrive e vive sul cornicione del palcoscenico, senza esserne protagonista. Insomma, futura rap star: vivi, ammazza, facci sentire musica nuova e muori giovane!
Ti faccio un paio di esempi per farti capire, se vuoi fare punk devi bucarti, devi vivere di stenti, dormire su un materasso smangiato dai topi senza lenzuola per anni, avere solo una chitarra con le corde marcie e devi vivere hardcore, ai margini dell’INPS. Se vuoi essere una stella del blues, devi avere la sindrome dello schiavo, devi essere malinconico, soffrire durante il giorno, liberare la tua indole di notte, passare numerose nottate alcoliche seduto a suonare coi tuoi compari. Devi far sì che la gente conosca il bar, perché ci sei tu. Se vuoi essere una stella del rock psichedelico, devi farti di oppio, arrivare a vedere i mostri che latitano oscuri nel nostro cervello e raccontarli con la tua voce o con la tua chitarra. Devi interpretare i tuoi sogni malati e spiegarli a noi, comuni mortali. Se vuoi fare reggae, devi farti come minimo i rasta (scherzo).
Se vuoi fare rap italiano, devi aver sparato, devi essere scappato sui tetti dei vicini con una busta di coca in tasca, devi sfidare i poliziotti con lo sguardo, devi aver vissuto nel ghetto, devi litigare per cagate e per orgoglio.
Spero di essermi fatto capire: non è l’abito che fa il monaco! Devi essere vissuto, sarà il contorno sociale che ti ha investito negli ultimi anni a dare sentimento a quello che suonerai e che sarà la molla che ti farà diventare famoso, perché vorrai uscire dalla m••••. Praticamente, amico, se vieni da una famiglia borghese, il tuo compito sarà molto difficile, abbandonala con le 4 cose a cui tieni di più e esci a vivere di stenti.
Se vuoi essere una stella pop devi essere un attore in piena regola, devi interpretare, devi essere Esopo, devi essere un camaleonte della scena, devi mentire, devi mentirti, devi risplendere di luce propria, devi essere l’attrazione della festa.
Seconda cosa che devi avere è il talento, senza quello non vai da nessuna parte, devi studiare, devi essere un virtuoso, devi sempre cercare di migliorarti, devi provare nuove tecniche, sperimentare, trovare quello in cui sei il migliore. Per spaccare, inoltre, devi avere fra i 20 e i 25 anni, in quell’età puoi vivere sul filo del rasoio, vivere giorno per giorno, improvvisare. Passata quella età puoi fare come me, che scrive e vive sul cornicione del palcoscenico, senza esserne protagonista. Insomma, futura rap star: vivi, ammazza, facci sentire musica nuova e muori giovane!
Tag: rap gansta, rockstar, spakkare, al limite, vogliofaresoldifacili, famoso
2024-01-17
Un urlo per il Rap Italiano
Vi siete mai posti il seguente dubbio amletico: qual è la differenza tra Rap e Hip Hop? La risposta è piuttosto contorta. Il Rap è la disciplina canora dell’Hip Hop, un vero e proprio movimento culturale nato nei Bloc Party americani nel 1973.
Per completare l’Hip Hop servono altri tre ingredienti: il beatmaking (produrre basi), il writing (arte dei graffiti) e il breaking (stile di ballo). Si può dunque affermare che un rapper può non praticare Hip Hop, al contrario chi produce Hip Hop, necessariamente passa per il Rap.
Basta pensare al Rap Italiano. Il precursore di questo genere fu Jovanotti: nel 1987 esce il singolo La mia moto, l’album è Jovanotti for president. Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, fece conoscere il Rap in Italia, senza mai far parte della cultura Hip Hop.
Quella scuola di pensiero che invece professavano Kaos, Bassi Maestro e Sangue Misto. Questi rimasero parecchio tempo nei sotterranei dell’Italian Rap, pur’essendo considerati i veri e propri maestri dell’Hip Hop.
Quando Neffa intraprese la carriera da solista, abbandonando i Sangue Misto, riuscì a scalare le classifiche con Aspettando il sole. È il 1996. Lo stesso anno in cui gli Articolo 31 vendono più di un milione e mezzo di copie grazie al loro terzo lavoro, Così com’è.
Gli Articolo 31 conquistano letteralmente il pubblico italiano e creano una consistente mole di fan. Anche Flaminio Maphia, Piotta e Sottotono si faranno largo nel panorama musicale dell’Italian Rap nel corso degli anni.
La nuova generazione di rappers parte dall’anno 2010: l’ex componente degli Uomini di Mare Fabri Fibra, genera molte polemiche andando contro alle ideologie underground che professava. L’album Controcultura è il primo frutto della collaborazione con la Universal, la firma con una major discografica sarà una delusione per i vecchi fan del rapper di Senigallia, ma consacrerà Fabri Fibra nel panorama musicale italiano. Arrivarono contratti importanti anche per Club Dogo, Marracash e Inoki, per iniziare un nuovo capitolo dell’Italian Rap.
Per completare l’Hip Hop servono altri tre ingredienti: il beatmaking (produrre basi), il writing (arte dei graffiti) e il breaking (stile di ballo). Si può dunque affermare che un rapper può non praticare Hip Hop, al contrario chi produce Hip Hop, necessariamente passa per il Rap.
Basta pensare al Rap Italiano. Il precursore di questo genere fu Jovanotti: nel 1987 esce il singolo La mia moto, l’album è Jovanotti for president. Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, fece conoscere il Rap in Italia, senza mai far parte della cultura Hip Hop.
Quella scuola di pensiero che invece professavano Kaos, Bassi Maestro e Sangue Misto. Questi rimasero parecchio tempo nei sotterranei dell’Italian Rap, pur’essendo considerati i veri e propri maestri dell’Hip Hop.
Quando Neffa intraprese la carriera da solista, abbandonando i Sangue Misto, riuscì a scalare le classifiche con Aspettando il sole. È il 1996. Lo stesso anno in cui gli Articolo 31 vendono più di un milione e mezzo di copie grazie al loro terzo lavoro, Così com’è.
Gli Articolo 31 conquistano letteralmente il pubblico italiano e creano una consistente mole di fan. Anche Flaminio Maphia, Piotta e Sottotono si faranno largo nel panorama musicale dell’Italian Rap nel corso degli anni.
La nuova generazione di rappers parte dall’anno 2010: l’ex componente degli Uomini di Mare Fabri Fibra, genera molte polemiche andando contro alle ideologie underground che professava. L’album Controcultura è il primo frutto della collaborazione con la Universal, la firma con una major discografica sarà una delusione per i vecchi fan del rapper di Senigallia, ma consacrerà Fabri Fibra nel panorama musicale italiano. Arrivarono contratti importanti anche per Club Dogo, Marracash e Inoki, per iniziare un nuovo capitolo dell’Italian Rap.
Tag: rap italiano, italian rap, articolo, posse, sangue misto
2024-01-11
Fabri fibra, polemica e rime del rap italiano
Inizia nel 2001 la grandiosa carriera di Fabri Fibra, certamente uno dei più discussi cantanti del mondo del rap italiano. Ci troviamo alla semi finale del Mortal Kombat, una prestigiosa gara rap di freestyle, dove l’allora semi sconosciuto Fabri rappava rime, con tonalità a dir poco velate, su atti sessuali spinti di vario tipo. La sua performance gli ha permesso di vincere la gara battendo alla grande il rapper torinese Kiffa.
Il primo album di Fabri Fibra, dal titolo Turbe Giovanili, è un disco sostanzialmente introspettivo, che trasuda rabbia da ogni testo, porta uno spaccato della vita di Fibra di quel periodo, il duro lavoro in fabbrica, le ansie e le paure che lo rendono anche un po’oscuro per certi versi. Il lavoro è considerato da molti Millennials una vera e propria pietra miliare della storia del rap italiano. All’ascolto l’album è potente e pieno, lungo 17 brani, praticamente con tutto quel materiale altri rapper avrebbero potuto registrare 4 EP, ma il Fibra l’ha composto tutto d’un fiato, grazie anche alle basi interamente prodotte da Neffa. I brani più famosi ed ascoltati sono sicuramente Scattano le indagini, Luna Piena e Stili di Insonnia, tutti pezzi che gli amanti del genere ricordano ancora oggi come se fossero attuali, nonostante siano passati tantissimi anni dal loro rilascio.
Purtroppo ci sono voluti 17 anni perché Turbe Giovanili diventasse Disco d’oro, soprattutto in un periodo in cui personaggi come Fedez vincono praticamente un disco d’oro al giorno. Ciò non vuole essere un termine di paragone tra i due, quasi dovesse significare che uno sia meglio dell’altro o viceversa. La questione è che l’album era comunque un ottimo prodotto, forse solamente troppo interessato ai pochi amanti del genere e gli affezionatissimi di Fabri Fibra. Il mio discorso è quindi incentrato solo sul fatto che, talvolta, ci dispiace che la meritocrazia non venga premiata come dovrebbe, anzi in questo caso quando dovrebbe. Ma come si dice: meglio tardi che mai.Il personaggio di Fabri Fibra non ha peli sulla lingua, chi lo ama lo fa per questo motivo, chi si riconosce senza se e senza ma all’interno dei suoi pezzi, entra nel suo mondo per restarci, non mancano, a questo proposito, di eloquenza le sue stesse parole, che riporto qui:
Io sfogo il mio malessere e chi si ritrova nel mio malessere ascolta la mia musica. Se non capisci il mio malessere ascolta altro. Non chiedo a nessuno di ascoltare la mia musica. In realtà siete soltanto curiosi di sapere dove andrò a finire.
La schiettezza estrema, riportata anche nel testo di Scattano le indagini, rappresenta un po’ tutta la paranoia di Fabri Fibra, riportata su musica, le ansie di un ragazzo, ora uomo, che sono comuni a tanti altri come lui. Sta proprio qui il suo punto di forza: pane al pane e vino al vino, se ti riconosci abbraccia il mio pensiero, se non ti riconosci fa lo stesso, ascolta altri, il mare è pieno di pesci.
Fabri Fibra è certamente un esempio di coerenza artistica, ciò che nel panorama rap italiano non c’era, con lui esiste.
Il primo album di Fabri Fibra, dal titolo Turbe Giovanili, è un disco sostanzialmente introspettivo, che trasuda rabbia da ogni testo, porta uno spaccato della vita di Fibra di quel periodo, il duro lavoro in fabbrica, le ansie e le paure che lo rendono anche un po’oscuro per certi versi. Il lavoro è considerato da molti Millennials una vera e propria pietra miliare della storia del rap italiano. All’ascolto l’album è potente e pieno, lungo 17 brani, praticamente con tutto quel materiale altri rapper avrebbero potuto registrare 4 EP, ma il Fibra l’ha composto tutto d’un fiato, grazie anche alle basi interamente prodotte da Neffa. I brani più famosi ed ascoltati sono sicuramente Scattano le indagini, Luna Piena e Stili di Insonnia, tutti pezzi che gli amanti del genere ricordano ancora oggi come se fossero attuali, nonostante siano passati tantissimi anni dal loro rilascio.
Purtroppo ci sono voluti 17 anni perché Turbe Giovanili diventasse Disco d’oro, soprattutto in un periodo in cui personaggi come Fedez vincono praticamente un disco d’oro al giorno. Ciò non vuole essere un termine di paragone tra i due, quasi dovesse significare che uno sia meglio dell’altro o viceversa. La questione è che l’album era comunque un ottimo prodotto, forse solamente troppo interessato ai pochi amanti del genere e gli affezionatissimi di Fabri Fibra. Il mio discorso è quindi incentrato solo sul fatto che, talvolta, ci dispiace che la meritocrazia non venga premiata come dovrebbe, anzi in questo caso quando dovrebbe. Ma come si dice: meglio tardi che mai.Il personaggio di Fabri Fibra non ha peli sulla lingua, chi lo ama lo fa per questo motivo, chi si riconosce senza se e senza ma all’interno dei suoi pezzi, entra nel suo mondo per restarci, non mancano, a questo proposito, di eloquenza le sue stesse parole, che riporto qui:
Io sfogo il mio malessere e chi si ritrova nel mio malessere ascolta la mia musica. Se non capisci il mio malessere ascolta altro. Non chiedo a nessuno di ascoltare la mia musica. In realtà siete soltanto curiosi di sapere dove andrò a finire.
La schiettezza estrema, riportata anche nel testo di Scattano le indagini, rappresenta un po’ tutta la paranoia di Fabri Fibra, riportata su musica, le ansie di un ragazzo, ora uomo, che sono comuni a tanti altri come lui. Sta proprio qui il suo punto di forza: pane al pane e vino al vino, se ti riconosci abbraccia il mio pensiero, se non ti riconosci fa lo stesso, ascolta altri, il mare è pieno di pesci.
Fabri Fibra è certamente un esempio di coerenza artistica, ciò che nel panorama rap italiano non c’era, con lui esiste.
Tag: rap italiano, fabri fibra, polemica, battaglia di rime
2023-11-08
Dall'oscurità esce il ninja, Lele Blade.
Con Lele Blade si aggiunge un nuovo capitolo alla cultura hip hop napoletana. Radici e forze nuove, rivalsa e rivendicazione, questo si respira dalle sue canzoni. L’artista è maturato e noi prontamente lo intervistiamo e vi proponiamo il suo nuovo album Vice City insieme a Gemitaiz, Luchè e Vale Lambo.
Come è stato essere un autodidatta del rap?
Nel rap devi essere per forza autodidatta, non è un genere che si studia!
Pensi che abbia senso essere gelosi della propria arte? O forse è solo un modo di evitare il confronto?
Con i tempi che corrono, molte persone senza fantasia tendono a copiare… in questo senso tendo ad essere geloso, non faccio ascoltare la mia arte prima di pubblicarla, ma questa è l’unica forma di gelosia che provo per la mia musica.
Cosa ti unisce agli altri elementi di SLF?
Siamo amici da sempre. Una parte dei componenti li ho visti crescere!
Come è stata l’esperienza di vivere in due grandi città straniere come Barcellona e Londra?
Sicuramente mi hanno formato tantissimo, in particolare l’esperienza a Barcellona che ho fatto da giovanissimo (a 17 anni) mi ha responsabilizzato davvero tanto.
Il rapporto tra città e periferia è anche al centro dei PNL, cosa ti ha influenzato maggiormente nel loro stile?
Come fonte di ispirazione le loro sonorità molto più melodiche, e poi anche il fatto che la loro realtà è molto vicina alla nostra.
Hai dichiarato che la tua musica riflette te stesso. Cosa ne pensi di altri artisti che sembrano evidenziare i lati più estremi delle loro personalità, arrivando a essere troppo se stessi in un certo senso?
Credo che essere troppo se stessi sia una cosa buona. Il problema è quando magari si evidenziano lati un po’ autodistruttivi, questo non fa parte del mio modo di vedere le cose...
Le amicizie interessate, quelle che compaiono quando hai successo, come le riconosci da quelle che magari poi si rivelano sincere?
Questa è una cosa che dico spesso a chi mi segue: è semplice, ad un certo punto ti trovi ad essere contattato da gente che non ti ha mai preso in considerazione e che vuole stare con te solo per girare nei locali e stare al tavolo con te. Le amicizie sincere non hanno alcun interesse, sono interessate solo a conoscerti come persona, sono quelle persone che se non le inviti tu alle tue serate magari non verrebbero nemmeno
Ninja Gaiden e Vice City, fan delle due serie di videogiochi e di ciò che rappresentano per la tua storia personale?
Il Ninja in particolare mi piace come figura perché rappresenta qualcuno che si muove con profilo basso. Vice City rappresenta la vita notturna a Napoli e i personaggi ambigui che puoi incontrare.
Perseverare e correre senza paura verso il successo, e vivere la vita accanto agli amici fidati. E sei un eterno insoddisfatto. Hai un obiettivo chiaro, così come sai che vuoi le poche persone che ami accanto. Come si riflette tutto questo nella tua musica? Sono una sorta di occhiali attraverso cui vedi il mondo e lo racconti?
Nella mia musica parlo spesso di questi punti, in maniera molto naturale. Sono i miei capisaldi, soprattutto il primo, cioè perseverare: è la parola chiave!
Scrivi molto, ogni giorno, moltissime immagini che si trasformano in altrettanti testi. Ti faccio una domanda semplice: Scegli fama o potere? O un rooftop?
Sicuramente potere, su un rooftop!
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Tanta musica, non posso dire altro. Ci sarà sicuramente tanta sperimentazione. E inoltre le date estive in Campania e non solo, tenetevi aggiornati sul mio profilo Instagram!
Per ascoltare le canzoni di Lele Blade, entrate nella sua pagina.
Come è stato essere un autodidatta del rap?
Nel rap devi essere per forza autodidatta, non è un genere che si studia!
Pensi che abbia senso essere gelosi della propria arte? O forse è solo un modo di evitare il confronto?
Con i tempi che corrono, molte persone senza fantasia tendono a copiare… in questo senso tendo ad essere geloso, non faccio ascoltare la mia arte prima di pubblicarla, ma questa è l’unica forma di gelosia che provo per la mia musica.
Cosa ti unisce agli altri elementi di SLF?
Siamo amici da sempre. Una parte dei componenti li ho visti crescere!
Come è stata l’esperienza di vivere in due grandi città straniere come Barcellona e Londra?
Sicuramente mi hanno formato tantissimo, in particolare l’esperienza a Barcellona che ho fatto da giovanissimo (a 17 anni) mi ha responsabilizzato davvero tanto.
Il rapporto tra città e periferia è anche al centro dei PNL, cosa ti ha influenzato maggiormente nel loro stile?
Come fonte di ispirazione le loro sonorità molto più melodiche, e poi anche il fatto che la loro realtà è molto vicina alla nostra.
Hai dichiarato che la tua musica riflette te stesso. Cosa ne pensi di altri artisti che sembrano evidenziare i lati più estremi delle loro personalità, arrivando a essere troppo se stessi in un certo senso?
Credo che essere troppo se stessi sia una cosa buona. Il problema è quando magari si evidenziano lati un po’ autodistruttivi, questo non fa parte del mio modo di vedere le cose...
Le amicizie interessate, quelle che compaiono quando hai successo, come le riconosci da quelle che magari poi si rivelano sincere?
Questa è una cosa che dico spesso a chi mi segue: è semplice, ad un certo punto ti trovi ad essere contattato da gente che non ti ha mai preso in considerazione e che vuole stare con te solo per girare nei locali e stare al tavolo con te. Le amicizie sincere non hanno alcun interesse, sono interessate solo a conoscerti come persona, sono quelle persone che se non le inviti tu alle tue serate magari non verrebbero nemmeno
Ninja Gaiden e Vice City, fan delle due serie di videogiochi e di ciò che rappresentano per la tua storia personale?
Il Ninja in particolare mi piace come figura perché rappresenta qualcuno che si muove con profilo basso. Vice City rappresenta la vita notturna a Napoli e i personaggi ambigui che puoi incontrare.
Perseverare e correre senza paura verso il successo, e vivere la vita accanto agli amici fidati. E sei un eterno insoddisfatto. Hai un obiettivo chiaro, così come sai che vuoi le poche persone che ami accanto. Come si riflette tutto questo nella tua musica? Sono una sorta di occhiali attraverso cui vedi il mondo e lo racconti?
Nella mia musica parlo spesso di questi punti, in maniera molto naturale. Sono i miei capisaldi, soprattutto il primo, cioè perseverare: è la parola chiave!
Scrivi molto, ogni giorno, moltissime immagini che si trasformano in altrettanti testi. Ti faccio una domanda semplice: Scegli fama o potere? O un rooftop?
Sicuramente potere, su un rooftop!
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Tanta musica, non posso dire altro. Ci sarà sicuramente tanta sperimentazione. E inoltre le date estive in Campania e non solo, tenetevi aggiornati sul mio profilo Instagram!
Per ascoltare le canzoni di Lele Blade, entrate nella sua pagina.
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2023-07-09
Come nasce il rap italiano e cosa diventa
Il Rap italiano è un genere musicale curioso, non banale, che merita una discussione a parte rispetto agli altri generi, in quanto ha avuto una storia particolarmente travagliata. Spesso le musiche importate da altre nazioni o da altri generi, dopo un piccolo periodo di incubazione, esplodono più o meno tutte con la stessa intensità. Non sto parlando di vendite, bensì di notorietà. Il rap italiano invece nasce timidamente negli anni 80, come risposta al rap americano, è ovvio, ma cercando sempre di lasciare un’impronta caratteristica del bel paese.
Il pioniere indiscusso del genere fu Jovanotti, nel 1987, sebbene i rappresentanti del rap nella penisola fossero già presenti in quel periodo, tuttavia Jovanotti, a detta della comunità rap, è stato proprio riconosciuto come apripista del rap italiano. Nello stesso periodo, probabilmente parallelamente all’attività di Jovanotti, si potevano ovviamente già sentire i pezzi degli storici Radical Stuff, considerati anche loro come padri del genere. Il rap italiano non diviene subito un fenomeno discografico, ma bisogna aspettare gli anni 90, per avere dei fenomeni di merchandise di un certo spessore.
È in questi anni che esplode il fenomeno, con artisti come i famosissimi Articolo 31, il casertano Kaos one, i mitici Colle der fomento e gli indimenticabili Sangue misto: Neffa, Deda e DJ Gruff, che sfornano il magnifico disco SxM nel 1994, considerato come il miglior album Hip Hop italiano di sempre.
Il rap italiano sembrerebbe quindi in crescita, ma stranamente affronta una brutta crisi di vendite e partecipazioni nei primi anni del 2000, ma poi si rialza stoicamente, anche grazie all’aiuto di internet e la possibilità di effettuare dei lanci mediatici più incisivi. Da qui in poi abbiamo la nascita di tantissimi rapper, come Caparezza, l’artista pugliese che ci regala il mitico Verità supposte, Fabri Fibra, Marracash con pezzi che abbiamo sempre trovato con facilità nelle prime posizioni delle classifiche. Dopo solo dieci anni, il fenomeno dei rapper mainstream è ormai esploso completamente.
Internet, con i social network, la pubblicità a basso costo, Youtube, Instagram, e le piattaforme di streaming, garantiscono visibilità letteralmente a tutti. Fanno quindi il loro debutto nella scena italiana, rapper come Fedez, Emis Killa, il campano Clementino, il romano Gemitaiz, MadMan, Vacca ed il precocissimo rapper salernitano Rocco Hunt. Ovviamente voi capirete che ascoltare un brano dei Sanguemisto del 1994 ed ascoltare, dopo vent’anni, un brano di Fedez del 2014, non è la stessa cosa. Il rap italiano ha subito un’intensa trasformazione, dovuta principalmente all’adeguamento commerciale verso i gusti degli ascoltatori. Ma non solo, la sempre più frequente partecipazione degli artisti rap al festival di Sanremo ne è la spiegazione più evidente.
Da genere di nicchia, di concezione americana, con prevalenza di testi impegnati, inerenti lotta sociale e rabbia, è diventato più un genere che rispecchia storie e desideri della giovane generazione attuale.
La naturale evoluzione o per meglio dire deviazione del rap italiano, è il trap italiano, attualmente il genere che va per la maggiore, che segna quasi un ritorno alle vecchie tematiche proprie del rap americano.
Il pioniere indiscusso del genere fu Jovanotti, nel 1987, sebbene i rappresentanti del rap nella penisola fossero già presenti in quel periodo, tuttavia Jovanotti, a detta della comunità rap, è stato proprio riconosciuto come apripista del rap italiano. Nello stesso periodo, probabilmente parallelamente all’attività di Jovanotti, si potevano ovviamente già sentire i pezzi degli storici Radical Stuff, considerati anche loro come padri del genere. Il rap italiano non diviene subito un fenomeno discografico, ma bisogna aspettare gli anni 90, per avere dei fenomeni di merchandise di un certo spessore.
È in questi anni che esplode il fenomeno, con artisti come i famosissimi Articolo 31, il casertano Kaos one, i mitici Colle der fomento e gli indimenticabili Sangue misto: Neffa, Deda e DJ Gruff, che sfornano il magnifico disco SxM nel 1994, considerato come il miglior album Hip Hop italiano di sempre.
Il rap italiano sembrerebbe quindi in crescita, ma stranamente affronta una brutta crisi di vendite e partecipazioni nei primi anni del 2000, ma poi si rialza stoicamente, anche grazie all’aiuto di internet e la possibilità di effettuare dei lanci mediatici più incisivi. Da qui in poi abbiamo la nascita di tantissimi rapper, come Caparezza, l’artista pugliese che ci regala il mitico Verità supposte, Fabri Fibra, Marracash con pezzi che abbiamo sempre trovato con facilità nelle prime posizioni delle classifiche. Dopo solo dieci anni, il fenomeno dei rapper mainstream è ormai esploso completamente.
Internet, con i social network, la pubblicità a basso costo, Youtube, Instagram, e le piattaforme di streaming, garantiscono visibilità letteralmente a tutti. Fanno quindi il loro debutto nella scena italiana, rapper come Fedez, Emis Killa, il campano Clementino, il romano Gemitaiz, MadMan, Vacca ed il precocissimo rapper salernitano Rocco Hunt. Ovviamente voi capirete che ascoltare un brano dei Sanguemisto del 1994 ed ascoltare, dopo vent’anni, un brano di Fedez del 2014, non è la stessa cosa. Il rap italiano ha subito un’intensa trasformazione, dovuta principalmente all’adeguamento commerciale verso i gusti degli ascoltatori. Ma non solo, la sempre più frequente partecipazione degli artisti rap al festival di Sanremo ne è la spiegazione più evidente.
Da genere di nicchia, di concezione americana, con prevalenza di testi impegnati, inerenti lotta sociale e rabbia, è diventato più un genere che rispecchia storie e desideri della giovane generazione attuale.
La naturale evoluzione o per meglio dire deviazione del rap italiano, è il trap italiano, attualmente il genere che va per la maggiore, che segna quasi un ritorno alle vecchie tematiche proprie del rap americano.
Tag: rap italiano, jovanotti, sangue misto, caparezza, articolo 31, fabri fibra, trap
2023-07-04
Nuove rime emergenti di rap italiano, Cles. Lo intervistiamo.
Cles, é uno di quegli artisti che ci piacciono. Perché? Perché il suo rap italiano è autentico, vecchio stile e impegnato, ci ricorda il rap degli anni 90, tipo Casinò Royale, Sangue Misto, Colle der Fomento, dove le basi sono dirette e grezze e le strofe dirette e impegnate. Non viene pompato da grandi etichette, ma esce dall’underground, si fa la gavetta e i suoi pezzi spaccano. È uscito da poco Eh No e noi lo intervistiamo
Ciao Cles! Bentornato su Staimusic con il tuo nuovo singolo Eh No. Parlaci del brano!
Eh no è il primo estratto del mio nuovo progetto. È una traccia a cui tengo molto per vari motivi.Il primo tra tutti è che è un testo molto tecnico, ricco di rime, in cui ho descritto alcune situazioni della gavetta di un artista che mi hanno lasciato il segno, insegnandomi che è un percorso tutto in salita. Mi premeva fare capire a chi ascolta un emergente, che dietro il singolo video che viene pubblicato sul web, c’è molto lavoro . Penso sia una cosa che è giusto far sapere. .
Il pezzo farà parte del tuo nuovo EP, su etichetta Sparo Parole. Cosa puoi anticiparci?
Posso anticiparvi che è un progetto intenso, dentro al quale troverete diverse sonorità. Sicuramente non mancheranno i testi ricchi di incastri e contenuti, ma penso sia un progetto con un’altra marcia in più rispetto ai precedenti..
Nell’attuale scenario musicale, secondo te è più importante il testo di un brano o le sonorità?
Penso che contino entrambe per la buona riuscita di un brano. Sicuramente la strumentale è molto importante perché permette all’artista di adattarcisi sopra in diversi modi. Io ho il compito di scrivere i testi e di fare la mia parte nella maniera migliore possibile. .
Cosa manca all’attuale scena rap italiana? Ti senti parte della scena?
Un emergente si sente parte della scena a volte, mentre altre volte si sente messo in disparte, almeno parlo per quanto riguarda me. Ci sono serate in cui un emergente si sente inserito all’interno della scena, per esempio, ad un live in cui si crea una bella atmosfera tra artista e pubblico. Ci sono anche altre serate in cui sembra quasi che gli organizzatori remino contro gli emergenti, classico esempio, se non mi porti un tot di gente non ti faccio salire sul palco, cosa che se un artista non ha un vero e proprio seguito, rischia di saltare la serata. .
Cosa si potrebbe fare, secondo te, per migliorare la scena e la situazione musicale emergente italiana, soprattutto nella scena del rap italiano?
Penso che in una città come Milano non manchi nulla ad un artista per provare a farcela. Serve costanza sicuramente, però a Milano, che dispone di eventi in cui esibirsi, di studi di registrazione di ogni genere, penso serva solo la voglia e quel fattore che possa far definire unico il tuo lavoro. .
Dopo aver letto l’invertista entra nella pagina di Cles e ascolta i suoi pezzi.
Ciao Cles! Bentornato su Staimusic con il tuo nuovo singolo Eh No. Parlaci del brano!
Eh no è il primo estratto del mio nuovo progetto. È una traccia a cui tengo molto per vari motivi.Il primo tra tutti è che è un testo molto tecnico, ricco di rime, in cui ho descritto alcune situazioni della gavetta di un artista che mi hanno lasciato il segno, insegnandomi che è un percorso tutto in salita. Mi premeva fare capire a chi ascolta un emergente, che dietro il singolo video che viene pubblicato sul web, c’è molto lavoro . Penso sia una cosa che è giusto far sapere. .
Il pezzo farà parte del tuo nuovo EP, su etichetta Sparo Parole. Cosa puoi anticiparci?
Posso anticiparvi che è un progetto intenso, dentro al quale troverete diverse sonorità. Sicuramente non mancheranno i testi ricchi di incastri e contenuti, ma penso sia un progetto con un’altra marcia in più rispetto ai precedenti..
Nell’attuale scenario musicale, secondo te è più importante il testo di un brano o le sonorità?
Penso che contino entrambe per la buona riuscita di un brano. Sicuramente la strumentale è molto importante perché permette all’artista di adattarcisi sopra in diversi modi. Io ho il compito di scrivere i testi e di fare la mia parte nella maniera migliore possibile. .
Cosa manca all’attuale scena rap italiana? Ti senti parte della scena?
Un emergente si sente parte della scena a volte, mentre altre volte si sente messo in disparte, almeno parlo per quanto riguarda me. Ci sono serate in cui un emergente si sente inserito all’interno della scena, per esempio, ad un live in cui si crea una bella atmosfera tra artista e pubblico. Ci sono anche altre serate in cui sembra quasi che gli organizzatori remino contro gli emergenti, classico esempio, se non mi porti un tot di gente non ti faccio salire sul palco, cosa che se un artista non ha un vero e proprio seguito, rischia di saltare la serata. .
Cosa si potrebbe fare, secondo te, per migliorare la scena e la situazione musicale emergente italiana, soprattutto nella scena del rap italiano?
Penso che in una città come Milano non manchi nulla ad un artista per provare a farcela. Serve costanza sicuramente, però a Milano, che dispone di eventi in cui esibirsi, di studi di registrazione di ogni genere, penso serva solo la voglia e quel fattore che possa far definire unico il tuo lavoro. .
Dopo aver letto l’invertista entra nella pagina di Cles e ascolta i suoi pezzi.
Tag: rap italiano, nuovo singolo, Cles, old style hip hop
2023-05-31
La caducitá delle cose. Intervista al rapper William Wilson
É uscito da pochi giorni il singolo Lights Out Di William Wilson, un pezzo di rap italiano che ci ricorda come siamo perennemente al bordo di uno scivolo dal quale all’improvviso cadiamo e perdiamo quella sensazione di benessere che abbiamo quando sei sulla cima. Tutto scorre e tutto cade.
Vi consigliamo di ascoltare le canzoni di William Wilson nella sua pagina, intanto noi lo intervistiamo.
Lights Out è una canzone di chiaro-scuri in cui si alternano ritmi d’impatto a strofe quasi melodiche, che accompagnano perfettamente il beat. C’è una scelta stilistica chiaramente voluta?
A dir la verità non si tratta di una scelta stilistica o di una struttura scritturale che mi sono prefissato dall’inizio. In questa traccia ho voluto seguire la strumentale e provare a sperimentare qualcosa di diverso rispetto ai miei lavori precedenti. In quello che faccio non c’è mai un obiettivo iniziale o una struttura precisa da seguire, lavoro spesso di istinto quando scrivo, seguendo le sonorità e dando un volto alle immagini che mi trasmettono.
Nell’era della trap, con i beat che sembrano imporre un chiaro modello musicale, quando conta ancora il testo in una canzone?
Credo dipenda dall’ascoltatore. C’è chi adora il Mumble della trap e chi esige ancora contenuti. A me la trap non dispiace, pur non amandola particolarmente. Io credo semplicemente che dipenda molto da quello che uno vuole ascoltare. Ci sono tanti artisti, molti li conosco anche di persona, che hanno dovuto downgradarsi per riuscire a scrivere in modo più semplice o per arrivare a un pubblico più ampio o superficiale per poter avere più ascolti. Dipende un po’ da quello che uno vuole o comunque da che tipo di ascoltatore ti aspetti per i progetti che proponi.
Quali sono i tuoi riferimenti musicali? Le tue canzoni sono chiaramente contaminate da tantissime visioni musicali!
Ascolto un sacco di musica, dal Rap al Rock, dal Country al Blues, dalla Trap al Crossover fino al Pagan Metal e gli audiolibri (Ride).La stessa cosa accade per film e libri. Ho contaminazioni e ispirazioni che provengono da tutto, diciamo, ho imparato a non chiudermi nel recinto di un solo genere o un certo tipo di ambiente. Credo che ogni ambito artistico abbia bisogno di moltitudini per poter proliferare e progredire. Altrimenti ammuffisce, dopo un po’.
Qual è il tuo rapporto con la discografia e com’è nata la collaborazione con la Sparo Parole?
Guarda, io non ho mai avuto spinte particolari da nessuno. Faccio quello che faccio perché per me è indispensabile. Avere modo di esprimersi viene prima di tutto e il rap, come la poesia, il teatro, la pittura o comunque l’arte in generale, credo sia la forma più appropriata per farci parlare da dentro. La collaborazione con la Sparo Parole è avvenuta spontaneamente, diciamo. Un amico in comune, mio e di Luca Sammartino (il ragazzo che cura l’ufficio stampa dell’etichetta) ha fatto ascoltare alcuni miei lavori precedenti a quest’ultimo, gli sono piaciuti, dopodiché mi ha messo in contatto con Giuseppe, fondatore dell’etichetta, per fare due chiacchiere. E da li è nato tutto.
Cosa ne pensi della scena italiana e di quella della tua città? C’è qualcosa che miglioreresti?
Non credo di essere in grado di valutare la cosa in maniera obiettiva sinceramente. Credo solo che l’Italia abbia bisogno del fenomeno a tutti i costi, di quello che fa parlare di se per così dire. È così da sempre. Io credo che le menti migliori si celino dietro l’anonimato, dietro ciò che fa fatica ad emergere, dietro i non ascoltati, i sottovalutati, dietro ciò che non appare subito, ma ci mette un po’. È il mio credo da sempre. Riguardo alla mia città beh, che dire, sono uno dei pochi a rappare se non l’ultimo rimasto quindi non saprei dirti. Di artisti validi in altri generi ce ne sono parecchi e spero che riescano ad incontrare realtà più grandi se non l’hanno già fatto. Cosa cambierei o migliorerei? Non saprei. Vorrei solo che chi è nato con un dono possa essere sempre supportato e valorizzato per quello che è, che possa trovare la sua strada e che venga riconosciuto meritocraticamente il suo talento, altrimenti ci troveremo inondati di artisti eccellenti disillusi tra gli scaffali dei supermercati e di gente che farebbe meglio a vendere il formaggio sulle vette più alte delle classifiche. In tutto questo, ovviamente, c’è sempre una via di mezzo
Vi consigliamo di ascoltare le canzoni di William Wilson nella sua pagina, intanto noi lo intervistiamo.
Lights Out è una canzone di chiaro-scuri in cui si alternano ritmi d’impatto a strofe quasi melodiche, che accompagnano perfettamente il beat. C’è una scelta stilistica chiaramente voluta?
A dir la verità non si tratta di una scelta stilistica o di una struttura scritturale che mi sono prefissato dall’inizio. In questa traccia ho voluto seguire la strumentale e provare a sperimentare qualcosa di diverso rispetto ai miei lavori precedenti. In quello che faccio non c’è mai un obiettivo iniziale o una struttura precisa da seguire, lavoro spesso di istinto quando scrivo, seguendo le sonorità e dando un volto alle immagini che mi trasmettono.
Nell’era della trap, con i beat che sembrano imporre un chiaro modello musicale, quando conta ancora il testo in una canzone?
Credo dipenda dall’ascoltatore. C’è chi adora il Mumble della trap e chi esige ancora contenuti. A me la trap non dispiace, pur non amandola particolarmente. Io credo semplicemente che dipenda molto da quello che uno vuole ascoltare. Ci sono tanti artisti, molti li conosco anche di persona, che hanno dovuto downgradarsi per riuscire a scrivere in modo più semplice o per arrivare a un pubblico più ampio o superficiale per poter avere più ascolti. Dipende un po’ da quello che uno vuole o comunque da che tipo di ascoltatore ti aspetti per i progetti che proponi.
Quali sono i tuoi riferimenti musicali? Le tue canzoni sono chiaramente contaminate da tantissime visioni musicali!
Ascolto un sacco di musica, dal Rap al Rock, dal Country al Blues, dalla Trap al Crossover fino al Pagan Metal e gli audiolibri (Ride).La stessa cosa accade per film e libri. Ho contaminazioni e ispirazioni che provengono da tutto, diciamo, ho imparato a non chiudermi nel recinto di un solo genere o un certo tipo di ambiente. Credo che ogni ambito artistico abbia bisogno di moltitudini per poter proliferare e progredire. Altrimenti ammuffisce, dopo un po’.
Qual è il tuo rapporto con la discografia e com’è nata la collaborazione con la Sparo Parole?
Guarda, io non ho mai avuto spinte particolari da nessuno. Faccio quello che faccio perché per me è indispensabile. Avere modo di esprimersi viene prima di tutto e il rap, come la poesia, il teatro, la pittura o comunque l’arte in generale, credo sia la forma più appropriata per farci parlare da dentro. La collaborazione con la Sparo Parole è avvenuta spontaneamente, diciamo. Un amico in comune, mio e di Luca Sammartino (il ragazzo che cura l’ufficio stampa dell’etichetta) ha fatto ascoltare alcuni miei lavori precedenti a quest’ultimo, gli sono piaciuti, dopodiché mi ha messo in contatto con Giuseppe, fondatore dell’etichetta, per fare due chiacchiere. E da li è nato tutto.
Cosa ne pensi della scena italiana e di quella della tua città? C’è qualcosa che miglioreresti?
Non credo di essere in grado di valutare la cosa in maniera obiettiva sinceramente. Credo solo che l’Italia abbia bisogno del fenomeno a tutti i costi, di quello che fa parlare di se per così dire. È così da sempre. Io credo che le menti migliori si celino dietro l’anonimato, dietro ciò che fa fatica ad emergere, dietro i non ascoltati, i sottovalutati, dietro ciò che non appare subito, ma ci mette un po’. È il mio credo da sempre. Riguardo alla mia città beh, che dire, sono uno dei pochi a rappare se non l’ultimo rimasto quindi non saprei dirti. Di artisti validi in altri generi ce ne sono parecchi e spero che riescano ad incontrare realtà più grandi se non l’hanno già fatto. Cosa cambierei o migliorerei? Non saprei. Vorrei solo che chi è nato con un dono possa essere sempre supportato e valorizzato per quello che è, che possa trovare la sua strada e che venga riconosciuto meritocraticamente il suo talento, altrimenti ci troveremo inondati di artisti eccellenti disillusi tra gli scaffali dei supermercati e di gente che farebbe meglio a vendere il formaggio sulle vette più alte delle classifiche. In tutto questo, ovviamente, c’è sempre una via di mezzo
Tag: william wilson, rap italiano, tutto cade, intervista
2023-05-12
Intervista a Gast, nuda e cruda come dovrebbe essere una canzone di rap italiano
Progetti, curiosità e due chiacchere con Gast, noto rapper della capitale. Due parole grezze e sincere che ci aiutano a capire meglio, in generale, il mondo del rap italiano. Gast é un personaggio dalla forte personalità e lo dimostra, non solo per aver sequestrato la metro B di Roma, ma soprattutto per non si ferma a cercare di vendere dischi, ma ha idee e le espone, senza peli sulla lingua, come si può facilmente capire dall'intervista che ci ha rilasciato.
Da cosa nasce la tua battaglia per la legalizzazione?
Una vita a nascondersi, braccati come animali. Per una pianta? Ridicolo. Mi sono fatto la galera per queste stronzate, è ora che apriate gli occhi.
Come è stato lavorare con Noyz Narcos, Chicoria e Pa Pa per il tuo album? Come ne è rimasto influenzato il tuo stile?
Ritrovarsi in studio dopo anni con Chicoria e Noyz è sempre un’emozione, sono molto legato a loro due, ho passato i momenti più belli della mia vita con loro.
Con pappa ci siamo conosciuti al 3tone da Depha Beat e mi è subito piaciuto il suo stile grezzo e fresco, Ferrari l’abbiamo scritta in studio fomentati come ragazzini, sapevo che avrebbe fatto parlare, nel bene e nel male: siamo esattamente quello che temevi.
Nella storia del Truceklan, si ricorda un disaccordo legato ai temi di criminalità, droga e sesso con Frankie Hi-NRG. Cosa ne pensi delle dichiarazioni che il rapper ha rilasciato, criticando l’enfasi su queste tematiche proprie del Truceklan?
credo che chiunque parli del Truceklan si dovrebbe sciacquare la bocca con la varechina, specialmente quel babbeo di Frankie Hi-NRG, noi abbiamo sempre parlato del nostro tempo.Prima il rap parlava di rap … il mio crew ha portato la cronaca e la vita vera dei pischelli nel rap italiano, zero cazzate.
Il tuo stile, in questo panorama musicale, sembra una miscela tra trap e old school, nelle metriche che ricordano gli anni novanta, ma con testi che in questo momento sono stati appropriati dalla trap. Qual è il tuo spazio nella scena musicale contemporanea?
Non mi identifico in questi nichilisti col pantacollant e le scarpe ortopediche,ma mi allappano le palle pure i vecchi paladini del hip hop…Faccio musica con lo stesso spirito di Burroughs e Warhol, non sono un rapper, sono un sovversivo. un anarchico.
Come ti vedi nei confronti della trap, genere sia dominante che decadente in Italia?
Non ho proprio idea di che potrei fare domani, la mia ricerca musicale è come un viaggio di Castaneda, sono pronto per la prossima droga, la trap mi piace ma in Italia poca roba..
In video come Ferrari, o anche Morte a Credito e Shot the Sherrif inquadri il mondo femminile dal punto di vista del porno e del passatempo, in controtendenza rispetto agli attuali scandali legati al sesso e al modo di vedere la donna. Scelte coraggiose ma anche polemiche, cosa risponderesti a tuoi eventuali critici o detrattori?
Vedi io porto le collane d’oro e i diamanti perché dentro non te li fanno mettere, in galera dico, è il simbolo della mia libertà, allo stesso modo non metto la donna nuda come oggetto sessuale per denigrarla, ma perché ne sono un fanatico, un esaltato.
Le città principali che compaiono nei tuoi video sono Roma e Amsterdam. Quali aspetti trovi simili, e quali diversi tra le due città?
Ho un sacco di amici su, si cammina molto e non si fa un cazzo come a Roma…riguardo la musica molte più serate fiche. e poi c’è la supersilverhaze del grey area…
Come è stato crescere nel quartiere di Montesacro a Roma? E cosa rappresenta Roma per te, artisticamente?
Ho sempre ritenuto un privilegio essere di Montesacro , il quartiere del nomentano, dove comincio tutto, i graffiti, il rap, il rome zoo.A Roma si respira arte ovunque, ha influenzato il mondo intero, e anche me.Il rap non è il primo linguaggio con cui mi esprimo e non è detto che sarà l’ultimo, non escludo qualcosa di diverso dalla musica in futuro.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Il 2019 è il decennale del mio primo lavoro, il mio demo underground legend, stamperò il vinile per festeggiare l’occasione, ma probabilmente prima uscirà con un altro disco.
Grazie mille regalo e un bacione a tutti.
Per sentire i brani dell’artista e del rapper Gast, entrate nella sua pagina!
Da cosa nasce la tua battaglia per la legalizzazione?
Una vita a nascondersi, braccati come animali. Per una pianta? Ridicolo. Mi sono fatto la galera per queste stronzate, è ora che apriate gli occhi.
Come è stato lavorare con Noyz Narcos, Chicoria e Pa Pa per il tuo album? Come ne è rimasto influenzato il tuo stile?
Ritrovarsi in studio dopo anni con Chicoria e Noyz è sempre un’emozione, sono molto legato a loro due, ho passato i momenti più belli della mia vita con loro.
Con pappa ci siamo conosciuti al 3tone da Depha Beat e mi è subito piaciuto il suo stile grezzo e fresco, Ferrari l’abbiamo scritta in studio fomentati come ragazzini, sapevo che avrebbe fatto parlare, nel bene e nel male: siamo esattamente quello che temevi.
Nella storia del Truceklan, si ricorda un disaccordo legato ai temi di criminalità, droga e sesso con Frankie Hi-NRG. Cosa ne pensi delle dichiarazioni che il rapper ha rilasciato, criticando l’enfasi su queste tematiche proprie del Truceklan?
credo che chiunque parli del Truceklan si dovrebbe sciacquare la bocca con la varechina, specialmente quel babbeo di Frankie Hi-NRG, noi abbiamo sempre parlato del nostro tempo.Prima il rap parlava di rap … il mio crew ha portato la cronaca e la vita vera dei pischelli nel rap italiano, zero cazzate.
Il tuo stile, in questo panorama musicale, sembra una miscela tra trap e old school, nelle metriche che ricordano gli anni novanta, ma con testi che in questo momento sono stati appropriati dalla trap. Qual è il tuo spazio nella scena musicale contemporanea?
Non mi identifico in questi nichilisti col pantacollant e le scarpe ortopediche,ma mi allappano le palle pure i vecchi paladini del hip hop…Faccio musica con lo stesso spirito di Burroughs e Warhol, non sono un rapper, sono un sovversivo. un anarchico.
Come ti vedi nei confronti della trap, genere sia dominante che decadente in Italia?
Non ho proprio idea di che potrei fare domani, la mia ricerca musicale è come un viaggio di Castaneda, sono pronto per la prossima droga, la trap mi piace ma in Italia poca roba..
In video come Ferrari, o anche Morte a Credito e Shot the Sherrif inquadri il mondo femminile dal punto di vista del porno e del passatempo, in controtendenza rispetto agli attuali scandali legati al sesso e al modo di vedere la donna. Scelte coraggiose ma anche polemiche, cosa risponderesti a tuoi eventuali critici o detrattori?
Vedi io porto le collane d’oro e i diamanti perché dentro non te li fanno mettere, in galera dico, è il simbolo della mia libertà, allo stesso modo non metto la donna nuda come oggetto sessuale per denigrarla, ma perché ne sono un fanatico, un esaltato.
Le città principali che compaiono nei tuoi video sono Roma e Amsterdam. Quali aspetti trovi simili, e quali diversi tra le due città?
Ho un sacco di amici su, si cammina molto e non si fa un cazzo come a Roma…riguardo la musica molte più serate fiche. e poi c’è la supersilverhaze del grey area…
Come è stato crescere nel quartiere di Montesacro a Roma? E cosa rappresenta Roma per te, artisticamente?
Ho sempre ritenuto un privilegio essere di Montesacro , il quartiere del nomentano, dove comincio tutto, i graffiti, il rap, il rome zoo.A Roma si respira arte ovunque, ha influenzato il mondo intero, e anche me.Il rap non è il primo linguaggio con cui mi esprimo e non è detto che sarà l’ultimo, non escludo qualcosa di diverso dalla musica in futuro.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Il 2019 è il decennale del mio primo lavoro, il mio demo underground legend, stamperò il vinile per festeggiare l’occasione, ma probabilmente prima uscirà con un altro disco.
Grazie mille regalo e un bacione a tutti.
Per sentire i brani dell’artista e del rapper Gast, entrate nella sua pagina!
Tag: rap italiano, gast, frankie hi-ngr, roma, trap, rapper
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