2025-01-03
La caducitá delle cose. Intervista al rapper William Wilson
É uscito da pochi giorni il singolo Lights Out Di William Wilson, un pezzo di rap italiano che ci ricorda come siamo perennemente al bordo di uno scivolo dal quale all’improvviso cadiamo e perdiamo quella sensazione di benessere che abbiamo quando sei sulla cima. Tutto scorre e tutto cade.
Vi consigliamo di ascoltare le canzoni di William Wilson nella sua pagina, intanto noi lo intervistiamo.
Lights Out è una canzone di chiaro-scuri in cui si alternano ritmi d’impatto a strofe quasi melodiche, che accompagnano perfettamente il beat. C’è una scelta stilistica chiaramente voluta?
A dir la verità non si tratta di una scelta stilistica o di una struttura scritturale che mi sono prefissato dall’inizio. In questa traccia ho voluto seguire la strumentale e provare a sperimentare qualcosa di diverso rispetto ai miei lavori precedenti. In quello che faccio non c’è mai un obiettivo iniziale o una struttura precisa da seguire, lavoro spesso di istinto quando scrivo, seguendo le sonorità e dando un volto alle immagini che mi trasmettono.
Nell’era della trap, con i beat che sembrano imporre un chiaro modello musicale, quando conta ancora il testo in una canzone?
Credo dipenda dall’ascoltatore. C’è chi adora il Mumble della trap e chi esige ancora contenuti. A me la trap non dispiace, pur non amandola particolarmente. Io credo semplicemente che dipenda molto da quello che uno vuole ascoltare. Ci sono tanti artisti, molti li conosco anche di persona, che hanno dovuto downgradarsi per riuscire a scrivere in modo più semplice o per arrivare a un pubblico più ampio o superficiale per poter avere più ascolti. Dipende un po’ da quello che uno vuole o comunque da che tipo di ascoltatore ti aspetti per i progetti che proponi.
Quali sono i tuoi riferimenti musicali? Le tue canzoni sono chiaramente contaminate da tantissime visioni musicali!
Ascolto un sacco di musica, dal Rap al Rock, dal Country al Blues, dalla Trap al Crossover fino al Pagan Metal e gli audiolibri (Ride).La stessa cosa accade per film e libri. Ho contaminazioni e ispirazioni che provengono da tutto, diciamo, ho imparato a non chiudermi nel recinto di un solo genere o un certo tipo di ambiente. Credo che ogni ambito artistico abbia bisogno di moltitudini per poter proliferare e progredire. Altrimenti ammuffisce, dopo un po’.
Qual è il tuo rapporto con la discografia e com’è nata la collaborazione con la Sparo Parole?
Guarda, io non ho mai avuto spinte particolari da nessuno. Faccio quello che faccio perché per me è indispensabile. Avere modo di esprimersi viene prima di tutto e il rap, come la poesia, il teatro, la pittura o comunque l’arte in generale, credo sia la forma più appropriata per farci parlare da dentro. La collaborazione con la Sparo Parole è avvenuta spontaneamente, diciamo. Un amico in comune, mio e di Luca Sammartino (il ragazzo che cura l’ufficio stampa dell’etichetta) ha fatto ascoltare alcuni miei lavori precedenti a quest’ultimo, gli sono piaciuti, dopodiché mi ha messo in contatto con Giuseppe, fondatore dell’etichetta, per fare due chiacchiere. E da li è nato tutto.
Cosa ne pensi della scena italiana e di quella della tua città? C’è qualcosa che miglioreresti?
Non credo di essere in grado di valutare la cosa in maniera obiettiva sinceramente. Credo solo che l’Italia abbia bisogno del fenomeno a tutti i costi, di quello che fa parlare di se per così dire. È così da sempre. Io credo che le menti migliori si celino dietro l’anonimato, dietro ciò che fa fatica ad emergere, dietro i non ascoltati, i sottovalutati, dietro ciò che non appare subito, ma ci mette un po’. È il mio credo da sempre. Riguardo alla mia città beh, che dire, sono uno dei pochi a rappare se non l’ultimo rimasto quindi non saprei dirti. Di artisti validi in altri generi ce ne sono parecchi e spero che riescano ad incontrare realtà più grandi se non l’hanno già fatto. Cosa cambierei o migliorerei? Non saprei. Vorrei solo che chi è nato con un dono possa essere sempre supportato e valorizzato per quello che è, che possa trovare la sua strada e che venga riconosciuto meritocraticamente il suo talento, altrimenti ci troveremo inondati di artisti eccellenti disillusi tra gli scaffali dei supermercati e di gente che farebbe meglio a vendere il formaggio sulle vette più alte delle classifiche. In tutto questo, ovviamente, c’è sempre una via di mezzo
Vi consigliamo di ascoltare le canzoni di William Wilson nella sua pagina, intanto noi lo intervistiamo.
Lights Out è una canzone di chiaro-scuri in cui si alternano ritmi d’impatto a strofe quasi melodiche, che accompagnano perfettamente il beat. C’è una scelta stilistica chiaramente voluta?
A dir la verità non si tratta di una scelta stilistica o di una struttura scritturale che mi sono prefissato dall’inizio. In questa traccia ho voluto seguire la strumentale e provare a sperimentare qualcosa di diverso rispetto ai miei lavori precedenti. In quello che faccio non c’è mai un obiettivo iniziale o una struttura precisa da seguire, lavoro spesso di istinto quando scrivo, seguendo le sonorità e dando un volto alle immagini che mi trasmettono.
Nell’era della trap, con i beat che sembrano imporre un chiaro modello musicale, quando conta ancora il testo in una canzone?
Credo dipenda dall’ascoltatore. C’è chi adora il Mumble della trap e chi esige ancora contenuti. A me la trap non dispiace, pur non amandola particolarmente. Io credo semplicemente che dipenda molto da quello che uno vuole ascoltare. Ci sono tanti artisti, molti li conosco anche di persona, che hanno dovuto downgradarsi per riuscire a scrivere in modo più semplice o per arrivare a un pubblico più ampio o superficiale per poter avere più ascolti. Dipende un po’ da quello che uno vuole o comunque da che tipo di ascoltatore ti aspetti per i progetti che proponi.
Quali sono i tuoi riferimenti musicali? Le tue canzoni sono chiaramente contaminate da tantissime visioni musicali!
Ascolto un sacco di musica, dal Rap al Rock, dal Country al Blues, dalla Trap al Crossover fino al Pagan Metal e gli audiolibri (Ride).La stessa cosa accade per film e libri. Ho contaminazioni e ispirazioni che provengono da tutto, diciamo, ho imparato a non chiudermi nel recinto di un solo genere o un certo tipo di ambiente. Credo che ogni ambito artistico abbia bisogno di moltitudini per poter proliferare e progredire. Altrimenti ammuffisce, dopo un po’.
Qual è il tuo rapporto con la discografia e com’è nata la collaborazione con la Sparo Parole?
Guarda, io non ho mai avuto spinte particolari da nessuno. Faccio quello che faccio perché per me è indispensabile. Avere modo di esprimersi viene prima di tutto e il rap, come la poesia, il teatro, la pittura o comunque l’arte in generale, credo sia la forma più appropriata per farci parlare da dentro. La collaborazione con la Sparo Parole è avvenuta spontaneamente, diciamo. Un amico in comune, mio e di Luca Sammartino (il ragazzo che cura l’ufficio stampa dell’etichetta) ha fatto ascoltare alcuni miei lavori precedenti a quest’ultimo, gli sono piaciuti, dopodiché mi ha messo in contatto con Giuseppe, fondatore dell’etichetta, per fare due chiacchiere. E da li è nato tutto.
Cosa ne pensi della scena italiana e di quella della tua città? C’è qualcosa che miglioreresti?
Non credo di essere in grado di valutare la cosa in maniera obiettiva sinceramente. Credo solo che l’Italia abbia bisogno del fenomeno a tutti i costi, di quello che fa parlare di se per così dire. È così da sempre. Io credo che le menti migliori si celino dietro l’anonimato, dietro ciò che fa fatica ad emergere, dietro i non ascoltati, i sottovalutati, dietro ciò che non appare subito, ma ci mette un po’. È il mio credo da sempre. Riguardo alla mia città beh, che dire, sono uno dei pochi a rappare se non l’ultimo rimasto quindi non saprei dirti. Di artisti validi in altri generi ce ne sono parecchi e spero che riescano ad incontrare realtà più grandi se non l’hanno già fatto. Cosa cambierei o migliorerei? Non saprei. Vorrei solo che chi è nato con un dono possa essere sempre supportato e valorizzato per quello che è, che possa trovare la sua strada e che venga riconosciuto meritocraticamente il suo talento, altrimenti ci troveremo inondati di artisti eccellenti disillusi tra gli scaffali dei supermercati e di gente che farebbe meglio a vendere il formaggio sulle vette più alte delle classifiche. In tutto questo, ovviamente, c’è sempre una via di mezzo
Tag: william wilson, rap italiano, tutto cade, intervista
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