2023-07-09
Come nasce il rap italiano e cosa diventa
Il Rap italiano è un genere musicale curioso, non banale, che merita una discussione a parte rispetto agli altri generi, in quanto ha avuto una storia particolarmente travagliata. Spesso le musiche importate da altre nazioni o da altri generi, dopo un piccolo periodo di incubazione, esplodono più o meno tutte con la stessa intensità. Non sto parlando di vendite, bensì di notorietà. Il rap italiano invece nasce timidamente negli anni 80, come risposta al rap americano, è ovvio, ma cercando sempre di lasciare un’impronta caratteristica del bel paese.
Il pioniere indiscusso del genere fu Jovanotti, nel 1987, sebbene i rappresentanti del rap nella penisola fossero già presenti in quel periodo, tuttavia Jovanotti, a detta della comunità rap, è stato proprio riconosciuto come apripista del rap italiano. Nello stesso periodo, probabilmente parallelamente all’attività di Jovanotti, si potevano ovviamente già sentire i pezzi degli storici Radical Stuff, considerati anche loro come padri del genere. Il rap italiano non diviene subito un fenomeno discografico, ma bisogna aspettare gli anni 90, per avere dei fenomeni di merchandise di un certo spessore.
È in questi anni che esplode il fenomeno, con artisti come i famosissimi Articolo 31, il casertano Kaos one, i mitici Colle der fomento e gli indimenticabili Sangue misto: Neffa, Deda e DJ Gruff, che sfornano il magnifico disco SxM nel 1994, considerato come il miglior album Hip Hop italiano di sempre.
Il rap italiano sembrerebbe quindi in crescita, ma stranamente affronta una brutta crisi di vendite e partecipazioni nei primi anni del 2000, ma poi si rialza stoicamente, anche grazie all’aiuto di internet e la possibilità di effettuare dei lanci mediatici più incisivi. Da qui in poi abbiamo la nascita di tantissimi rapper, come Caparezza, l’artista pugliese che ci regala il mitico Verità supposte, Fabri Fibra, Marracash con pezzi che abbiamo sempre trovato con facilità nelle prime posizioni delle classifiche. Dopo solo dieci anni, il fenomeno dei rapper mainstream è ormai esploso completamente.
Internet, con i social network, la pubblicità a basso costo, Youtube, Instagram, e le piattaforme di streaming, garantiscono visibilità letteralmente a tutti. Fanno quindi il loro debutto nella scena italiana, rapper come Fedez, Emis Killa, il campano Clementino, il romano Gemitaiz, MadMan, Vacca ed il precocissimo rapper salernitano Rocco Hunt. Ovviamente voi capirete che ascoltare un brano dei Sanguemisto del 1994 ed ascoltare, dopo vent’anni, un brano di Fedez del 2014, non è la stessa cosa. Il rap italiano ha subito un’intensa trasformazione, dovuta principalmente all’adeguamento commerciale verso i gusti degli ascoltatori. Ma non solo, la sempre più frequente partecipazione degli artisti rap al festival di Sanremo ne è la spiegazione più evidente.
Da genere di nicchia, di concezione americana, con prevalenza di testi impegnati, inerenti lotta sociale e rabbia, è diventato più un genere che rispecchia storie e desideri della giovane generazione attuale.
La naturale evoluzione o per meglio dire deviazione del rap italiano, è il trap italiano, attualmente il genere che va per la maggiore, che segna quasi un ritorno alle vecchie tematiche proprie del rap americano.
Il pioniere indiscusso del genere fu Jovanotti, nel 1987, sebbene i rappresentanti del rap nella penisola fossero già presenti in quel periodo, tuttavia Jovanotti, a detta della comunità rap, è stato proprio riconosciuto come apripista del rap italiano. Nello stesso periodo, probabilmente parallelamente all’attività di Jovanotti, si potevano ovviamente già sentire i pezzi degli storici Radical Stuff, considerati anche loro come padri del genere. Il rap italiano non diviene subito un fenomeno discografico, ma bisogna aspettare gli anni 90, per avere dei fenomeni di merchandise di un certo spessore.
È in questi anni che esplode il fenomeno, con artisti come i famosissimi Articolo 31, il casertano Kaos one, i mitici Colle der fomento e gli indimenticabili Sangue misto: Neffa, Deda e DJ Gruff, che sfornano il magnifico disco SxM nel 1994, considerato come il miglior album Hip Hop italiano di sempre.
Il rap italiano sembrerebbe quindi in crescita, ma stranamente affronta una brutta crisi di vendite e partecipazioni nei primi anni del 2000, ma poi si rialza stoicamente, anche grazie all’aiuto di internet e la possibilità di effettuare dei lanci mediatici più incisivi. Da qui in poi abbiamo la nascita di tantissimi rapper, come Caparezza, l’artista pugliese che ci regala il mitico Verità supposte, Fabri Fibra, Marracash con pezzi che abbiamo sempre trovato con facilità nelle prime posizioni delle classifiche. Dopo solo dieci anni, il fenomeno dei rapper mainstream è ormai esploso completamente.
Internet, con i social network, la pubblicità a basso costo, Youtube, Instagram, e le piattaforme di streaming, garantiscono visibilità letteralmente a tutti. Fanno quindi il loro debutto nella scena italiana, rapper come Fedez, Emis Killa, il campano Clementino, il romano Gemitaiz, MadMan, Vacca ed il precocissimo rapper salernitano Rocco Hunt. Ovviamente voi capirete che ascoltare un brano dei Sanguemisto del 1994 ed ascoltare, dopo vent’anni, un brano di Fedez del 2014, non è la stessa cosa. Il rap italiano ha subito un’intensa trasformazione, dovuta principalmente all’adeguamento commerciale verso i gusti degli ascoltatori. Ma non solo, la sempre più frequente partecipazione degli artisti rap al festival di Sanremo ne è la spiegazione più evidente.
Da genere di nicchia, di concezione americana, con prevalenza di testi impegnati, inerenti lotta sociale e rabbia, è diventato più un genere che rispecchia storie e desideri della giovane generazione attuale.
La naturale evoluzione o per meglio dire deviazione del rap italiano, è il trap italiano, attualmente il genere che va per la maggiore, che segna quasi un ritorno alle vecchie tematiche proprie del rap americano.
Tag: rap italiano, jovanotti, sangue misto, caparezza, articolo 31, fabri fibra, trap
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