Artista: Carla Bley Album: Heavy Heart
Anno: 1994Tempo: 0:0-1
Heavy Heart di Carla Bley: una recensione critica
Heavy Heart, l'ultimo album dell'artista americana Carla Bley, è uno dei lavori più ambiziosi e complessi dell'intera sua carriera. Questa pianista, compositrice e arrangiatrice di jazz è stata attiva sin dagli anni '60, collaborando con musicisti come Charlie Haden, Jack Bruce, John McLaughlin e molti altri. Nel corso degli anni, la sua musica si è evoluta in direzioni diverse e originali, spaziando dalla sperimentazione free jazz alla commistione con altri generi come il rock, il blues e il latin. Heavy Heart, uscito nel 2020, è un'opera orchestrale che mette insieme molte delle influenze artistiche che hanno animato la carriera di Carla Bley. In questo articolo, offriremo una recensione critica dell'album, cercando di capire le intenzioni dell'artista, le peculiarità della sua musica e il valore delle sue interpretazioni.
L'album si apre con una suite in 6 parti, intitolata Life Goes On. La suite è una sorta di meditazione sul tema della morte e della trascendenza, e si dipana in un alternarsi di momenti lenti e solenni, e passaggi irruenti e frenetici. L'orchestrazione del pezzo è incredibilmente curata, con ogni strumento che arricchisce e si amalgama con gli altri, creando un suono corale che valorizza le singole parti e il complesso nel suo insieme.
Il pezzo forse più orecchiabile dell'album è una versione di Beautiful Telephones, già presente in un precedente lavoro di Carla Bley, dal titolo Heavy Heart Again, del 2012. Qui la traccia si presenta con un arrangiamento diverso, più rampante e chitarristico, che valorizza il tema melodico e lo rende ancora più accattivante. Anche in questo caso l'orchestrazione è molto curata, e si apprezza come la Bley riesca a dare vita a un'intera gamma di atmosfere contrastanti, senza mai perdere di vista la coerenza del brano.
Altri momenti di grande interesse dell'album sono l'omaggio a Miles Davis, intitolato Three Blind Mice, che si presenta come un divertissement impastato di groove, jazz e puro divertimento sonoro, e la conclusiva, e assai cupa, meditazione su un altro omaggio, quello a Charlie Haden, intitolato Scenes in the City. Questa traccia chiude l'album in modo quanto mai introspectivo e commosso, come una sorta di epitaffio per un amico scomparso. L'orchestrazione qui è ancora più intensa, e si sente proprio la pattuglia di artigiani che hanno dato vita a questo lavoro, realizzato con cura e amore per la musica.
Critiche? Forse se vogliamo essere pignoli, si potrebbe obiettare un certo continuismo rispetto ai lavori precedenti di Carla Bley, e una certa tendenza ad appiattirsi su certi stilemi consolidati, senza osare troppo in nuove direzioni. Ma questi sono difetti relativi, e rischiose potenzialità, di una jazzista che ha costruito la propria carriera su un percorso personale e coerente.
In conclusione, Heavy Heart è un album di grande valore e importanza per il jazz contemporaneo, e per la carriera della magistrale Carla Bley. La sua capacità di sintesi tra le varie fonti di influenze musicali, la sua abilità di creare armonie complesse e coinvolgenti, e la sua attenzione ai dettagli, fanno di questo lavoro un must per tutti gli appassionati di musica. Al tempo stesso, la sua relativa accessibilità può anche ammansire le orecchie meno avvezze al jazz più sperimentale e ostico. In ogni caso, Heavy Heart è un lavoro che merita di essere ascoltato e apprezzato dalle persone che apprezzano i linguaggi artistici più autentici e profondi.
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