Alberi di campagna
E.: “Hai mangiato bene, ti sei seduto a testa in giù sulle cascate?” V.: “Spengo la sigaretta sotto il tacco, poi indosso le ciabatte e vado in spiaggia, vieni? E.: “Domani il tempo migliora, forse dovremmo costruire un riparo per i giorni di sole. Poi, considera che sono solo attratto da
strade malsane, maleodoranti ai più.” V.: “Perfetto. Allora prendo la borsa e ti aspetto qui, tu vai pure a comprare tabacco e pipa, avvisami quando sei sudato”. E.: “Mi presti una calza? Se entro in bagno non voglio sentire odori accesi, voglio solo stare tranquillo”.
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4´33 John Cage - pura riflessione
C´é un momento nella nostra vita in cui tutti abbiamo bisogno di una pausa, di riflettere, di fermarci e ascoltare il mondo interno e l´ambiente che ci circonda. Nella societá moderna questo momento non esiste piú, i milioni di input che ci bombardano quotidianamente non ci dano spazio per la riflessione. 60 anni fa John Cage scrisse questa traccia, 4´33...un pezzo magistrale! Il componimento é adatto a qualsiasi strumento musicale, é una opera che spinge l´artista che lo interpreta ad uscire dal suo ruolo protagonista e lo costringe ad ascoltare i suoni esterni. Un ribaltamento eccitante e difficile, in ogni caso, da realizzare perché il musicista con lo strumento in mano sará sempre spinto a suonarlo o a pensare come sará dargli anche solo un piccolo tocco. Paradossalmente questa traccia non é piú praticabile ai giorni nostri, troppo lunga, troppo fuori luogo, troppo stonata. Sarebbe come stare di fianco al nostro unico cellulare per un anno senza mai accenderlo.
Tag: JohnCage, sperimental, 4´33, cellularedipendenti, silenzio
Sperimentare gli sguardi
Ogni mattina puntualmente una corda invisibile e invincibile ci raccoglie dal nostro letto e, inesorabilmente logorata e stanca, ci porta pigramente verso il lavoro. Raggomitolandosi ci imprigiona in quella situazione claustrofobica che ci occupa gran parte della giornata. Usciamo in strada e incrociamo sguardi di altre persone che indossano, come noi, gli abiti da carcerato. Occhiate contornate da posti sempre uguali, grigi, e da un tessuto sonoro che riproduce sempre gli stessi movimenti ma a un ritmo cittadino sempre diverso, sempre uguale. Un tappeto sperimentale che ci ricorda il lavoro, la fabbrica e la costante improvvisazione del ritmo pulsante dell´acciaio. La musica noise é questo, un fastidio continuo, martellante e insostituibile che ci scaraventa contro le nostre privazioni e le nostre parti buie, e ci racconta senza vergogna il nostro triste destino.
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