NME, rivista inglese dedicata alla musica pubblicata sin dal lontano 1952 e ora attivamente presente in rete, elencò qualche anno fa in un articolo della sua redazione i dieci motivi per i quali “il nu metal è stato il peggior genere di tutti i tempi”. Un titolo perentorio, affrettato e magari dettato da una politica scaltra di clickbaiting, ma che se da una parte avrà attirato gli strali delle torme di fans di Korn, Limp Bizkit e Sistems of A Down, avrà allo stesso tempo raccolto approvazione da quei puristi dell’heavy che mal avevano digerito la contaminazione dell’originale spirito metal nella sua nuova declinazione degli anni novanta.
La storia della musica, ma in genere di ogni espressione umana artistica e culturale, è piena di esempi di stili nati in maniera del tutto spontanea, ai quali solo successivamente, e spesso con intenzioni denigratorie, viene dato un nome, una categoria, una definizione. A volte le etichette si appiccicano in maniera inestricabile alle creazioni che identificano; ogni tanto gli artisti si riconoscono negli appellativi con i quali vengono chiamati e altre volte rifuggono da ogni tentativo di catalogazione. Così il caso del nu metal: i primi album alla quale la critica musicale affibbia questo nome escono alla fine dello scorso millennio.
Non è metallo pesante puro: alleggeriti i lunghi assolo di chitarra grondanti virtuosismi distorti, e sostituiti con contaminazioni di altri universali sonori. C’è molto hip hop: parole come mitragliette, la voce che sbraita meno e alza la velocità e il ritmo. Ci sono sonorità più genuinamente rock, ritmi funk, introduzioni elettroniche dai piatti dei dj. Ma resta il sottofondo metal, anche se declinato in maniera del tutto nuova. Alcune di queste band sfondano il muro delle vendite, ribaltano il mercato, poi nel giro di dieci anni il nu diventa old, i detrattori crescono e gli stessi gruppi si discostano da una definizione ritenuta stretta, o scomoda.
Nomen omen, dicevano gli antichi: la maledizione di un nome che ti può inseguire fino a distruggerti. Nel grande calderone della musica, attorno al quale gli uomini ballano senza interruzione, il fuoco fonde persino il metallo, per forgiarlo poi in nuove e diverse forme.