Artista: The Cure Album: Bloodflowers
Anno: 2000Tempo: 0:0-1
Bloodflowers: critica dell'album iconico dei The Cure
Se c'è un album che ha impressionato i fan della musica alternative negli anni 2000, questo è Bloodflowers dei The Cure. Questo album ha rappresentato il primo lavoro di Robert Smith dopo ben sei anni di silenzio, e ha rivelato un amore per l'artista per le melodie oscure e ricche di atmosfera. In questo post, esploreremo il genere dei Cure, una panoramica dell'album, le migliori canzoni dell'album e le nostre opinioni su questo lavoro tanto iconico.
The Cure è un gruppo inglese che ha dominato la scena alternative rock per gli interi anni '80 e '90. Con un'oscillazione tra new wave, punk e rock goth, il gruppo ha ottenuto un grande successo con hit come Just Like Heaven, Friday I'm In Love e Lullaby. Nel 2000, con Bloodflowers, la band ha abbandonato il suo suono rock alternativo per abbracciare un approccio più malinconico e introspezione. Robert Smith ha dichiarato di aver voluto creare un album che fosse una conclusione ad una trilogia iniziata con Pornography (1982) e continuata con Disintegration (1989).
Bloodflowers fu un album che si contraddistinse per il suo suono malinconico e riflessivo. L'album inizia con la canzone Out of This World, una traccia che ha rivelato l'evoluzione del sound del gruppo con elementi atmosferici che creano una melodia trascinante. Watching Me Fall utilizza una chitarra acustica per creare una canzone strappalacrime, mentre Bloodflowers offre un'apertura molto forte con un riff pesante. La canzone più famosa dell'album, Maybe Someday, presenta un testo agrodolce su una melodia che fa bene all'umore.
C'è una particolarità nell'album che rappresenta sia benedizione che maledizione: tutte le canzoni dell'album durano più di 5 minuti. Ciò ha permesso ai The Cure di creare ancora di più atmosfera e di sviluppare il loro suono, ma è stato anche un deterrente per chi cercava qualcosa di più immediato. Bloodflowers è, senza dubbio, un album che migliora con le successive ascolti.
Nonostante il successo dell'album, non mancano le critiche. Alcuni hanno affermato che l'album risulta essere troppo povero di un qualsiasi guizzo di genio, che le canzoni sono troppo lunghe, e che l'album in generale sembra troppo simile a Disintegration. Inoltre, le liriche del disco sono state criticate per essere troppo melodrammatiche e sovrabbondanti. Tuttavia, resta il fatto che Bloodflowers è stato un album molto apprezzato dai fan e dagli amanti della musica alternative.
Conclusion: Bloodflowers è stato un album molto diverso dai precedenti lavori dei The Cure, ma ha fatto apprezzate modifiche al suono del gruppo. È stato uno studio sulla malinconia e sulla riflessione, con molte tracce in cui il gruppo ha aperto il suo cuore. In generale, l'album ha sicuramente il suo fascino, ma può risultare essere un lavoro impegnativo per chi cerca qualcosa di immediato. Tuttavia, questo album è un eloquente manifesto di un tema costante che è alla base dell'arte di Robert Smith e dei The Cure: quella della solitudine e dell'alienazione. In generale, Bloodflowers merita di essere ascoltato almeno una volta, soprattutto dai fan della musica alternative.
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