Electro rock
Electro Rock: la fusione perfetta tra rock e musica elettronica
L'elettronica e il rock hanno sempre avuto un rapporto ambiguo, fino a quando non è nato il Electro Rock. Un genere musicale che ha preso il meglio di entrambi i mondi per creare brani energici e coinvolgenti. In questo post, ti guiderò alla scoperta di questo genere musicale, approfondendo la biografia, le migliori canzoni e qualche critica.
Il primo artista che si può ritenere il precursore dell'Electro Rock è senza dubbio Gary Numan, autore di uno dei grandi classici del genere: Cars. Il brano, pubblicato nel 1979, è caratterizzato dall'uso di sintetizzatori e chitarre elettriche suonate con un effetto distorto. Da allora, questo mix di rock ed elettronica è diventato sempre più popolare, con band come Nine Inch Nails, Depeche Mode, The Prodigy e tanti altri che hanno fatto della fusione tra questi due generi la loro caratteristica distintiva.
In termini di sonorità, l'Electro Rock si caratterizza per l'uso di chitarre elettriche, bassi potenti e sintetizzatori. Le tracce sono generalmente veloci e coinvolgenti, con beat incalzanti e bassi pesanti. Lo stile di canto può variare notevolmente a seconda dell'artista; alcuni preferiscono il recitativo, mentre altri cantano su melodie più tradizionali.
Veniamo ora alle migliori canzoni dell'Electro Rock, un elenco che non può non includere Personal Jesus dei Depeche Mode. Il brano è un classico del genere, caratterizzato dalla chitarra distorta e dal ritmo incalzante. Altri brani da non perdere sono Smack My Bitch Up dei Prodigy, Zero dei Yeah Yeah Yeahs e Killing In The Name dei Rage Against The Machine. A proposito di quest'ultima band, alcuni puristi potrebbero obiettare sul fatto che i Rage non possano essere considerati un gruppo di Electro Rock, ma la loro abilità nell'unire il rap con la chitarra elettrica li fa comunque rientrare in questa categoria.
Per quanto riguarda le critiche, uno dei maggiori problemi dell'Electro Rock è che a volte l'uso indiscriminato di effetti elettrici può far sì che i canoni del genere siano appiattiti. Ad esempio, alcuni brani possono essere troppo simili tra loro, mancando di originalità e di particolari distintivi. Inoltre, l'Electro Rock a volte soffre del fatto di non essere considerato un genere vero e proprio, cosa che può limitarne la diffusione.
In conclusione, se sei un appassionato di rock elettronico ma non hai mai esplorato il mondo dell'Electro Rock, questo genere potrebbe essere una sorpresa piacevole. Con le sue forti sonorità elettroniche e la sua energia rock, può essere l'ideale per svegliare l'anima da una giornata noiosa. Come in tutti i generi musicali, l'Electro Rock ha i suoi alti e bassi, ma con brani come Cars e Killing In The Name, vale certamente la pena di dargli una possibilità.
Il rock elettronico o electro rock è un sottogenere del rock
che sfrutta le innovazioni tecnologiche quali sintetizzatori , il formato digitale MIDI
e il computer per produrre suoni e musica
Gli esperimenti della musique concrète e del Theremin , dagli anni ’20 in poi, spianarono la strada ad un
nuovo modo di fare musica, manipolando il suono attraverso le invenzioni che la tecnologia metteva a disposizione degli
artisti di quel periodo. Il primo computer a produrre musica fu un CSIRAC nel 1950-51, e Joe Meek
con l’album I Hear a New World nel 1959 e i The Tornados con il brano Telestar nel 1962 furono i pionieri del genere,
utilizzando sintetizzatori per le loro produzioni. Tra i nuovi strumenti a disposizione dei musicisti troviamo in questa epoca
i primi pedali per distorcere il suono di chitarra e il Mellotron , strumento a tastiera progenitore dei
campionatori moderni. Quest’ultimo sarà ampiamente usato da musicisti quali i Moody Blues e i Beatles, ma anche
dai King Krimson, gli Yes e i Genesis , che lo utilizzeranno per aggiungere tappeti di archi, ottoni e legni nelle loro produzioni.
Tra i primi ad utilizzare il Tannerin (versione a tastiera del Theremin) in una canzone rock troviamo i
Beach Boys con I Just Wasn't Made for These Times nel 1966, periodo durante il quale il Moog
si stava facendo strada. Proprio l’anno seguente i The Monkees, tra i primi ad aver comprato un Moog, escono
con l’album Pisces, Aquarius, Capricorn & Jones Ltd., scalando rapidamente le classifiche; pochi mesi dopo anche i Doors
con l’album Strange Days faranno i loro debutto con la nuova piattaforma. Il decennio si conclude con la netta predominanza
del nuovo strumento anche a livelli più commerciali e mainstream, data la presenza dei nuovi suoni negli album di Beatles e Simon e Garfunkel.
A quel punto, all’inizio degli anni ’70, la lista di musicisti eminenti che si avvalgono del Moog o di altri strumenti
elettronici inizia a farsi lunga: Pink Floyd, Yes, Emerson, Lake & Palmer, The Who, Electric Light Orchestra, Genesis,
Return to Forever, Weather Report, ma anche Kraftwerk, Tangerine Dream, Can e Faust. Il cosiddetto “Kraut rock”
di queste ultime band, assieme all’importante contributo di Brian Eno, saranno il principale motore dello
sviluppo dell’electro rock. Saranno due musicisti giapponesi, Isao Tomita con Electric Samurai: Switched on Rock,
e Osamu Kitajima's con l’album Benzaiten a inserire in modo preponderante il sintetizzatore nella musica rock.
Nonostante l’entusiasmo per i nuovi strumenti a disposizione, negli anni ’70 molti gruppi preferivano evitarne l’uso, considerato
impuro, poco autentico dal punto di vista della generazione del suono. I primi gruppi punk furono tra questi, ma già dalla metà
del decennio le band post-punk e new wave adoperavano pesanti drum machine, sintetizzatori e campionatori electro rock
per riprodurre i suoni degli ambienti industriali, facendo da apripista alla musica industrial. Anche il pop e
il rock non furono da meno: molti artisti, come ad esempio, Cat Stevens, gli Ultravox, i giapponesi Yellow Magic Orchestra e molti
altri iniziarono sfruttare le potenzialità dei nuovi strumenti.
Il MIDI e l’audio digitale fecero scoppiare la bomba dell’elettronica negli anni ’80. Il sintetizzatore
dominava le scene pop e rock, con i Depeche Mode e
i Duran Duran tra i più famosi, senza tralasciare altri importanti
esponenti dei New Romantics (movimento culturale pop inglese) che fondevano elementi glam ed elettronici, come gli Spandau Ballet,
A Flock of Seagulls, Culture Club, ABC, Soft Cell, Talk Talk, B-Movie e gli Eurythmics.
I primi dischi di platino dell’industrial rock arrivano negli anni ’90 con i Ministry e in Nine Inch Nails, ma
anche l’indietronica degli Stereolab e dei Disco Inferno prende il volo a partire dall’ultimo decennio del millennio. Gli artisti
di questa nuova fase miscelano suoni indie e musica elettronica, affiancati nella sperimentazione dai pionieri dell’electroclash
come I-F, o della new rave/sinth rock dei Klaxons.
In epoca moderna il metalcore e il post-punk hanno iniziato ad usare l’elettronica per le batterie e parti vocali, dando vita a
sottogeneri come l’electronicore, synthcore e la trancecore tra gli altri.
Navigare sullo stretto di Magellano, tra elettronica e rock: l’Electro Rock
La cosa che ha contribuito allo sviluppo dell’electro rock indubbiamente è stato lo sviluppo tecnologico, che ha consentito in pratica la creazione di uno studio di registrazione in casa dei compositori anche meno abbienti. La nuova tecnologia del computer a portata di tutti nel secondo millennio ha permesso grandi interazioni dei musicisti con i produttori. È così cambiata la scena musicale, aprendo del tutto le possibilità di creare musica di qualità anche avendo a disposizione solo un laptop. Tutto ciò ha contribuito a un aumento esponenziale della musica creata in casa. La cosa che risulta fondamentale per comprendere la differenza tra l’electro rock ed altri generi musicali è il mix dell’elettronica con le chitarre che sono alla base del rock di tutti i tempi.
È dagli anni ’90 che molti gruppi elettronici a loro volta applicarono una sensibilità rock a ciò che fu poi conosciuto come big beat, il quale fu a sua volta criticato per aver in un certo senso reso più piatta l’ondata elettronica; questo è il momento in cui, specie in Inghilterra, questo sound divenne popolare grazie a gruppi come i Chemical Brothers, i Prodigy e a solisti come Fatboy Slim. Ai giorni nostri, urge ricordare come perfino alcuni musicisti di heavy metal siano stati influenzati dalla musica elettronica, soprattutto grazie all’aggiunta di strumenti tipici di questo genere come i sintetizzatori, cosa che in fin dei conti sottolinea la fusione di questi due generi in un modo diverso dal passato. È difficile pronosticare un’ulteriore evoluzione di questa fusione di generi che risulta attuale e che continua a coinvolgere masse di appassionati.
Nel rock elettronico italiano, intervista a Ozzo
Cosa rappresenta per te la provincia milanese?
Ciao ragazzi allora, non farò il ghetto boy che troverà forza e appartenenza come va di moda tra i giovani, nel dire che la periferia è il suo mondo. Devo essere invece onesto dicendo il contrario; fin da ragazzino la provincia milanese mi è stata stretta e ho cercato il più possibile di vivere fuori. Invece di passare le giornate al parchetto sotto casa, appena potevo prendevo il pullman e passavo i pomeriggi a Milano tra la fiera di senigaglia (dove ora si sviluppa la nuova darsena) Transex (in duomo) e Zabrinskie point (via torino) alla ricerca di vestiti cd e vinili.
La tua musica fonde in modo molto accattivante stili e generi diversi. Ci puoi spiegare quali sono le tue radici in questo senso?
Mah, hai detto bene il nuovo progetto (oZZo) unisce tutto ciò che mi ha influenzato in questi anni; dalla dance alla dubstep, dal rock al pop, passando dalla trap (si ho detto trap) , soprattutto nella scelta di alcuni suoni, ammiccando infine a band come Bring me the Horizon e 30 seconds to mars.Se penso al mio passato non è una cosa poi cosi strana per me perché nel momento di massimo splendore (a mio giudizio) di iron maiden metallica e slayer io scoprivo i bad religion e i pennywise, e nel momento in cui suonavo punk hardcore ero affascinato da Beastie Boys e Cypress Hill.Insomma ho sempre cercato “altro” mentre suonavo un genere preciso, facendo della contaminazione il mio gusto.Se pensi al mio ultimo progetto Audrey soprattutto nell’ultimo disco “lost in promises” avevo già messo le basi di quello che avrei fatto solo 2 anni piu tardi.
Pastislost è il tuo ultimo progetto, il tuo EP di esordio. Quali sono i temi principali che hai voluto sviluppare in questa raccolta?
Partiamo dall’inizio, il titolo.Non è Pastislost o Past is lost bensì #pastislost con l’Hashtag; è una denuncia (in comunicazione) del fatto che oggi giorno esisti come artista solo se sei presente tra i top Hashtag o se hai una vita virtuale molto attiva con follower come se piovesse o like a fiumi.Questo diciamo che è la forma in cui ho voluto presentare la tematica principale del mio primo ep ossia il tempo che scorre e non si può fermare, e l’angoscia e la sensazione di mancanza (non presenza) che l’assenza delle persone del tuo passato determina.Il video As fast as you can ne è una semplice rappresentazione visiva; puoi guardare il video con occhio distratto e gustarti una storia d’amore in stile teen alla “beverly hills 90210” oppure se hai voglia di guardartelo con più attenzione potrai scoprire diversi messaggi che riprendono la tematica del tempo che sfugge e “forse” cancella.
Come è nata la tua collaborazione con Alessio Corrado?
Guarda io e Alessio ci conosciamo da più di 20 anni ; giusto durante il live di esordio di oZZo (13 aprile rnr rho) ricordavamo che l’ultima volta che avevamo calpestato lo stesso palco (coi PHP) era 23 anni fa circa (credevo e speravo meno nda.)Un paio di anni fa stavo finendo di scrivere più per vezzo personale che per ambizione Nothing but you (pasti is lost) il mio primo singolo e una sera al rock n roll di rho davanti al suo solito montenegro, alla mia ennesima lamentela di non trovare nessuno disposto a mettersi in gioco con un genere non ben definito si è proposto come voce si propose. Non ti nascondo la mia perplessità non tanto per le sue doti canore (eccelse a mio parere), ma perché temevo che mi avrebbe poi sedotto e abbandonato. Invece dopo quel pezzo se ne sono aggiunti altri 5 e abbiamo fatto un ep #pastislost.Anche il nome del progetto e la scelta della copertina ufficiale arriva da lui con una frase che suona come una sentenza : “beh hai tutto, magliette, cappellini adesivi un sito e le grafiche che fai per gli altri le firmi oZZo, siamo a cavallo abbiamo il nome”.All’epoca io ero più indirizzato verso nomi che appartenevano alla mia precendente esperienza cultura metal core, quindi puntavo a “cose emo” come – seduced by a kiss - -lost in promises- (citando gli Audrey) e cose simili; ma devo molto a lui il fatto di aver tagliato col passato anche semplicemente con la scelta del nome.
L’intervista continua nella pagina dell’artista.
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