2024-12-06
L'incarnazione dello spirito giovanile americano, Elvis Presley e il Rock and Roll
Decido di scrivere qualche riga. Argomento: Rock.
Sarà la recente serie su Netflix (di cui confesso aver sbirciato la prima puntata), ma mi sento subito come quei poveri personaggi che per riordinare casa chiedono aiuto a quell’adorabile giapponesina...
Già, perché il rock ha accumulato negli armadi e talvolta in soffitta tanti abiti da non essere più in grado di essere percepito come genere unitario: a pensarci oggi non esiste se non affiancato da un complemento, un aggettivo, una parola che lo indirizzi verso un aspetto od un altro delle sue molteplici anime. Eccomi allora a buttare sul letto tutti gli orpelli e le definizioni nel tentativo di ordinare e scegliere un abito, una storia da raccontare, il progressive lo metto qui, l’hard di là, il melodico lo tratto per ultimo perché è collegato a troppi ricordi.
Alla fine trovo la scatola degli abiti da piccino, quelli da cui è partito, con cui si rotola-va morbido e spensierato, prima che gli anni lo rendessero pesante, gretto, spigoloso e rancoroso, come tutti noi.
E partirò da qui, dal rock and roll.
Come un bimbo che impara inconsapevolmente abilità fondamentali che si porterà dietro tutta la vita, chissà se Elvis Presley fosse consapevole di quanto la rotazione indiavolata del suo bacino avrebbe influenzato il panorama musi-cale degli anni a venire.
Tipico ragazzo nato dal nulla, emblema del self made man americano, Elvis non creò strettamente lo stile musicale del rock&roll, che già si faceva strada tra un country ed un blues, ma fu la goccia che fece traboccare il vaso in cui stava prigioniero lo spirito giovanile americano. Un ragazzo semplice, una musica al-trettanto semplice e travolgente, dagli espliciti ma non volgari richiami erotici, non po-teva che essere dinamite per gli spiriti dei giovani americani nel post Guerra Fredda, sulla via della libertà dei costumi.
Esempio spesso citato della forza incontenibile di Presley è un simpatico aneddoto accaduto in sala di registrazione in uno dei primi dischi ufficiali. Pare che nello studio di incisione fosse impossibile una buona presa della sua voce: Elvis accompagnava il canto ad un continuo dimenarsi, esattamente come nelle esibizioni dal vivo. Tuttavia, alla richiesta del tecnico audio di non muoversi troppo rispettando le distanze dal mi-crofono, le prestazioni risultavano timide, impacciate, prive di piglio, per nulla accatti-vanti. Fu allora che il tecnico ebbe la trovata risolutiva: contornò il cantante di un di-screto numero di microfoni in modo da poter catturare il suono da questo o da quello a seconda dei movimenti del giovane.
Una fantasiosa registrazione in dolby sound round, che ci dà occasione di riflettere su come Presley inconsapevolmente, ancora una volta, getti le basi della nuova fruizione musicale. Sbaglia infatti chi pensa che musica e immagine abbiano trovato il sodalizio perfetto durante gli anni 90, nell’era di Mtv. È proprio con Elvis che la musica che og-gi diremmo popular si lega indissolubilmente all’immagine di chi la propone, in piena conformità con il suo passaggio da intrattenimento culturale a prodotto commerciale, replicabile attraverso i dischi, non più solamente fruibile dal vivo o per radio. Una mu-sica che si sente, si vede, per tornare al da capo, si indossa.
Sarà la recente serie su Netflix (di cui confesso aver sbirciato la prima puntata), ma mi sento subito come quei poveri personaggi che per riordinare casa chiedono aiuto a quell’adorabile giapponesina...
Già, perché il rock ha accumulato negli armadi e talvolta in soffitta tanti abiti da non essere più in grado di essere percepito come genere unitario: a pensarci oggi non esiste se non affiancato da un complemento, un aggettivo, una parola che lo indirizzi verso un aspetto od un altro delle sue molteplici anime. Eccomi allora a buttare sul letto tutti gli orpelli e le definizioni nel tentativo di ordinare e scegliere un abito, una storia da raccontare, il progressive lo metto qui, l’hard di là, il melodico lo tratto per ultimo perché è collegato a troppi ricordi.
Alla fine trovo la scatola degli abiti da piccino, quelli da cui è partito, con cui si rotola-va morbido e spensierato, prima che gli anni lo rendessero pesante, gretto, spigoloso e rancoroso, come tutti noi.
E partirò da qui, dal rock and roll.
Come un bimbo che impara inconsapevolmente abilità fondamentali che si porterà dietro tutta la vita, chissà se Elvis Presley fosse consapevole di quanto la rotazione indiavolata del suo bacino avrebbe influenzato il panorama musi-cale degli anni a venire.
Tipico ragazzo nato dal nulla, emblema del self made man americano, Elvis non creò strettamente lo stile musicale del rock&roll, che già si faceva strada tra un country ed un blues, ma fu la goccia che fece traboccare il vaso in cui stava prigioniero lo spirito giovanile americano. Un ragazzo semplice, una musica al-trettanto semplice e travolgente, dagli espliciti ma non volgari richiami erotici, non po-teva che essere dinamite per gli spiriti dei giovani americani nel post Guerra Fredda, sulla via della libertà dei costumi.
Esempio spesso citato della forza incontenibile di Presley è un simpatico aneddoto accaduto in sala di registrazione in uno dei primi dischi ufficiali. Pare che nello studio di incisione fosse impossibile una buona presa della sua voce: Elvis accompagnava il canto ad un continuo dimenarsi, esattamente come nelle esibizioni dal vivo. Tuttavia, alla richiesta del tecnico audio di non muoversi troppo rispettando le distanze dal mi-crofono, le prestazioni risultavano timide, impacciate, prive di piglio, per nulla accatti-vanti. Fu allora che il tecnico ebbe la trovata risolutiva: contornò il cantante di un di-screto numero di microfoni in modo da poter catturare il suono da questo o da quello a seconda dei movimenti del giovane.
Una fantasiosa registrazione in dolby sound round, che ci dà occasione di riflettere su come Presley inconsapevolmente, ancora una volta, getti le basi della nuova fruizione musicale. Sbaglia infatti chi pensa che musica e immagine abbiano trovato il sodalizio perfetto durante gli anni 90, nell’era di Mtv. È proprio con Elvis che la musica che og-gi diremmo popular si lega indissolubilmente all’immagine di chi la propone, in piena conformità con il suo passaggio da intrattenimento culturale a prodotto commerciale, replicabile attraverso i dischi, non più solamente fruibile dal vivo o per radio. Una mu-sica che si sente, si vede, per tornare al da capo, si indossa.
Tag: rock and roll, elvis presley, anni 50, rock&roll, spirito giovanile americano
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