2024-11-22
La drastica decisione di Demi Lovato
Demi Lovato ha mostrato al mondo un affascinante gioco caleidoscopio, che ci restituisce di lei un’immagine di volta in volta differente, celando la sua vera essenza, o forse mostrandocela, ricomposta in una moltitudine di dettagli apparentemente sconnessi. L’inizio della sua carriera, ancor prima dell’incontro con Disney, è in bilico tra il ruolo di attrice, modella e cantante e il fortunato contratto non fa che confermare questa ibridazione, aggiungendone un ulteriore aspetto. Quando Demi appare nelle produzioni Disney è cantate certamente e attrice, ma si propone anche come simbolo della ragazza comune, la vicina della porta accanto, brava semplice e carina. Certamente l’immagine della ragazza della porta accanto, la cui sessualità non viene mai completamente annullata, ma spesso infagottata, trova una nuova aria di libertà alla fine del contratto con Disney. Ecco dunque la vera Demi Lovato, un nuovo personaggio indipendente, a metà strada tra la curvilinea e sexy cantante pop e la vocalist ispirata all’r&b o addirittura al jazz della Franklin. Non adotta mai uno stile definito: la sua discografia presenta brani latini, pop americani, inclini al jazz, sfacciatamente melodico romantici; vi si raccontano vicende chiaramente studiate a tavolino, così come pezzi di vita vissuta.
La Lovato sembra fare dell’ambiguità la sua cifra stilista, della possibilità di mutare abito e genere musicale, la sua vera libertà.
Anche le piattaforme social ne restituiscono immagini naturali e quotidiane accanto ad altre più sessualizzate, talvolta aggressive, in un gioco delle maschere che non è dunque solo musicale.
Alcuni critici l’hanno per questo tacciata di poca chiarezza stilistica, di non aver prescelto alcun principio di individualità, tuttavia è pericoloso addentrarsi verso simili conclusioni senza guardare alla sostanza oltre l’immagine.
L’utilizzo saggio che la cantante sa fare del proprio mezzo vocale è assolutamente personalissimo: ha un registro misto ben sviluppato, nonostante talvolta manchi di un appoggio che potrebbe donare alla sua voce maggiore profondità e forse qualche nota in più nel registro acuto. Quest’ultimo invece non è molto ampio ma viene furbescamente sostituito da un buon uso del falsetto. Sicuramente il timbro che serpeggia senza ostacoli tra colori caldi e un non so che di squillante, le ha permesso di farsi strada nel panorama odierno, ma ancor di più una grande serenità nell’affrontare il proprio lavoro.
Si trova on line facilmente una esibizione dal vivo in cui la Lovato inciampa in una stecca. Un’incidente di percorso inevitabile a chi canti, ma non per questo meno imbarazzante. La reazione di sincerità con cui Demi Lovato sdrammatizza e di fatto minimizza l’accaduto, attraverso un’ironia assolutamente non impacciata, ci racconta di una persona dalla grande professionalità e consapevolezza del proprio strumento.
Ecco dunque che si piò tornare all’accusa di assenza di stile personale e vederla da un punto di vista alternativo.
La mancanza di omologazione, persino verso sé stessi, non è sempre un aspetto negativo: la disomogeneità può essere una scelta. Dopotutto a chi non piace un elemento di questa cosa e un altro di un’altra? Chi non crea il proprio ritratto copiando di qua e di là ciò che più ci incuriosisce? Lo facciamo quotidianamente e spesso ne siamo fieri. Ricomponiamo per concludere la figura di Demi Lovato, lasciamola da sola nelle sue storie private e riconosciamole la sua giusta definizione, un’artista contemporanea multitasking o meglio, una cantante cubista.
La Lovato sembra fare dell’ambiguità la sua cifra stilista, della possibilità di mutare abito e genere musicale, la sua vera libertà.
Anche le piattaforme social ne restituiscono immagini naturali e quotidiane accanto ad altre più sessualizzate, talvolta aggressive, in un gioco delle maschere che non è dunque solo musicale.
Alcuni critici l’hanno per questo tacciata di poca chiarezza stilistica, di non aver prescelto alcun principio di individualità, tuttavia è pericoloso addentrarsi verso simili conclusioni senza guardare alla sostanza oltre l’immagine.
L’utilizzo saggio che la cantante sa fare del proprio mezzo vocale è assolutamente personalissimo: ha un registro misto ben sviluppato, nonostante talvolta manchi di un appoggio che potrebbe donare alla sua voce maggiore profondità e forse qualche nota in più nel registro acuto. Quest’ultimo invece non è molto ampio ma viene furbescamente sostituito da un buon uso del falsetto. Sicuramente il timbro che serpeggia senza ostacoli tra colori caldi e un non so che di squillante, le ha permesso di farsi strada nel panorama odierno, ma ancor di più una grande serenità nell’affrontare il proprio lavoro.
Si trova on line facilmente una esibizione dal vivo in cui la Lovato inciampa in una stecca. Un’incidente di percorso inevitabile a chi canti, ma non per questo meno imbarazzante. La reazione di sincerità con cui Demi Lovato sdrammatizza e di fatto minimizza l’accaduto, attraverso un’ironia assolutamente non impacciata, ci racconta di una persona dalla grande professionalità e consapevolezza del proprio strumento.
Ecco dunque che si piò tornare all’accusa di assenza di stile personale e vederla da un punto di vista alternativo.
La mancanza di omologazione, persino verso sé stessi, non è sempre un aspetto negativo: la disomogeneità può essere una scelta. Dopotutto a chi non piace un elemento di questa cosa e un altro di un’altra? Chi non crea il proprio ritratto copiando di qua e di là ciò che più ci incuriosisce? Lo facciamo quotidianamente e spesso ne siamo fieri. Ricomponiamo per concludere la figura di Demi Lovato, lasciamola da sola nelle sue storie private e riconosciamole la sua giusta definizione, un’artista contemporanea multitasking o meglio, una cantante cubista.
Tag: demi lovato, disney, icona pop, incidente di percorso
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