2024-08-14
Il Blues: 12 misure in 4/4 e un patto con il diavolo
Parlare del blues è come ripensare al proprio nonno, riandare indietro nel tempo e individuare quegli elementi che sono alla base di come siamo oggi. Certo si è detto e scritto che il blues è il padre del rock’n’roll e che deriva dagli spiritual e dal gospel, in pratica dai canti polifonici degli schiavi afroamericani che mettevano in musica la loro tristezza sia per la condizione in cui vivevano sia per le scarse prospettive di sviluppo. Lo stesso processo evolutivo si avrà nel blues urbano, quando moltissimi dei grandi del blues emigrarono dalle loro cittadine del sud verso i grandi centri urbani del nord (Chicago su tutti) attratti dalle possibilità di lavoro e di migliorare la loro esistenza.
Certo nomi come Robert Johnson, Muddy Waters e Buddy Guy sono conosciutissimi, ma dietro di loro ce ne sono a centinaia di musicisti che hanno seguito lo stesso percorso. Sia strutturalmente che dal punto di vista compositivo il blues manteneva il collegamento con le radici dei musicisti e con il loro passato: la malinconia era la base delle canzoni che dal punto di vista dei testi si basavano su ricordi personali e di gruppo dei luoghi lasciati, ma anche sulle difficoltà di ambientarsi in un mondo che appariva attraente dall’esterno quanto duro da penetrare (tipica Bright Lights, Big City di Jimmy Reed). Anche musicalmente si nota quello che è il tratto distintivo del blues, i quattro quarti che cadenzano i brani in modo inconfondibile, anche chi non ne conoscesse la provenienza non faticherebbe a capire che si tratta di un genere musicale a sé stante.
Le strofe iniziali sempre ripetute danno alla canzone del blues quel connotato particolare che ha poi finito per influenzare la musica nel suo complesso. Chitarra e armonica sono così gli strumenti principe di questo genere musicale, ma non va dimenticato anche il piano; l’evoluzione musicale spinse sempre più verso l’elettrificazione degli strumenti e l’amplificazione donò una potenza unica, favorendo lo svilupparsi di talenti musicali neri, solisti bravissimi che saranno poi ’imitati’ da molti talenti bianchi. Il blues c’è ancora oggi, anche se è diventata una musica più di nicchia rispetto a solo 40 anni fa, ma la fiamma è tenuta accesa perché alla base non c’è la plastica ma il sentimento genuino.
Certo nomi come Robert Johnson, Muddy Waters e Buddy Guy sono conosciutissimi, ma dietro di loro ce ne sono a centinaia di musicisti che hanno seguito lo stesso percorso. Sia strutturalmente che dal punto di vista compositivo il blues manteneva il collegamento con le radici dei musicisti e con il loro passato: la malinconia era la base delle canzoni che dal punto di vista dei testi si basavano su ricordi personali e di gruppo dei luoghi lasciati, ma anche sulle difficoltà di ambientarsi in un mondo che appariva attraente dall’esterno quanto duro da penetrare (tipica Bright Lights, Big City di Jimmy Reed). Anche musicalmente si nota quello che è il tratto distintivo del blues, i quattro quarti che cadenzano i brani in modo inconfondibile, anche chi non ne conoscesse la provenienza non faticherebbe a capire che si tratta di un genere musicale a sé stante.
Le strofe iniziali sempre ripetute danno alla canzone del blues quel connotato particolare che ha poi finito per influenzare la musica nel suo complesso. Chitarra e armonica sono così gli strumenti principe di questo genere musicale, ma non va dimenticato anche il piano; l’evoluzione musicale spinse sempre più verso l’elettrificazione degli strumenti e l’amplificazione donò una potenza unica, favorendo lo svilupparsi di talenti musicali neri, solisti bravissimi che saranno poi ’imitati’ da molti talenti bianchi. Il blues c’è ancora oggi, anche se è diventata una musica più di nicchia rispetto a solo 40 anni fa, ma la fiamma è tenuta accesa perché alla base non c’è la plastica ma il sentimento genuino.
Tag: blues, chicago, robert, johnson, chitarra
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