ISCURON - ASCOLTA LE MIGLIORI CANZONI IN STREAMING
La storia di Iscuron: tra sperimentazione e successo. Se sei un appassionato di musica elettronica sicuramente avrai sentito parlare degli Iscuron. Si tratta di un gruppo musicale che ha saputo smuovere le acque del panorama musicale italiano, proponendo un suono nuovo e innovativo. In questo articolo andremo a scoprire insieme la loro storia, le loro migliori canzoni e i loro album di punta.
Gli Iscuron sono un gruppo musicale formato da tre amici di origini italiane. Il loro sound si basa sulla sperimentazione di sonorità diverse, che vanno dal techno al dubstep, passando per il downtempo e l'ambient. Partiti dalle scene underground, hanno iniziato a farsi notare grazie alla pubblicazione di alcuni brani su SoundCloud. Il loro primo album, Iscuron, è uscito nel 2015, ricevendo un enorme successo di pubblico e critica.
Le loro migliori canzoni sono state spesso oggetto di remix di artisti internazionali, dimostrando l'efficacia del loro sound e la potenza delle loro melodie. In particolare, Hyperspace è diventata un vero e proprio inno della scena techno, mentre Lost in Time ha saputo catturare l'attenzione del grande pubblico grazie alle sue sonorità coinvolgenti e malinconiche. Anche Behind the Walls, un brano più sperimentale, ha ottenuto un grande successo grazie alla sua capacità di creare un'atmosfera suggestiva e misteriosa.
Ma quali sono gli album migliori degli Iscuron? Senza dubbio, Iscuron è un capolavoro che ha segnato l'inizio della loro carriera. Con i brani Dawn e Solar System il gruppo ha saputo conquistare il cuore degli appassionati di musica elettronica di tutto il mondo. Anche Transcendence è un album molto apprezzato dalla critica, in cui gli Iscuron hanno sperimentato nuove sonorità, creando un sound ancora più evocativo e coinvolgente.
Ma quello che distingue davvero gli Iscuron è la loro capacità di produrre musica che va oltre i confini dei generi. Il loro sound è sempre sperimentale e innovativo, senza mai tralasciare l'aspetto emotivo. Grazie a questo, sono riusciti a conquistare un pubblico sempre più vasto, diventando uno dei gruppi musicali più apprezzati del panorama italiano.
In conclusione, gli Iscuron sono senza dubbio uno dei gruppi musicali più interessanti e innovativi del panorama italiano. Grazie alla loro capacità di sperimentare nuove sonorità e di creare atmosfere coinvolgenti, hanno conquistato un vasto pubblico di appassionati di musica elettronica. Se non li hai ancora ascoltati, non perdere l'occasione di immergerti nel loro sound evocativo e coinvolgente.
Gli Iscuron sono un gruppo musicale formato da tre amici di origini italiane. Il loro sound si basa sulla sperimentazione di sonorità diverse, che vanno dal techno al dubstep, passando per il downtempo e l'ambient. Partiti dalle scene underground, hanno iniziato a farsi notare grazie alla pubblicazione di alcuni brani su SoundCloud. Il loro primo album, Iscuron, è uscito nel 2015, ricevendo un enorme successo di pubblico e critica.
Le loro migliori canzoni sono state spesso oggetto di remix di artisti internazionali, dimostrando l'efficacia del loro sound e la potenza delle loro melodie. In particolare, Hyperspace è diventata un vero e proprio inno della scena techno, mentre Lost in Time ha saputo catturare l'attenzione del grande pubblico grazie alle sue sonorità coinvolgenti e malinconiche. Anche Behind the Walls, un brano più sperimentale, ha ottenuto un grande successo grazie alla sua capacità di creare un'atmosfera suggestiva e misteriosa.
Ma quali sono gli album migliori degli Iscuron? Senza dubbio, Iscuron è un capolavoro che ha segnato l'inizio della loro carriera. Con i brani Dawn e Solar System il gruppo ha saputo conquistare il cuore degli appassionati di musica elettronica di tutto il mondo. Anche Transcendence è un album molto apprezzato dalla critica, in cui gli Iscuron hanno sperimentato nuove sonorità, creando un sound ancora più evocativo e coinvolgente.
Ma quello che distingue davvero gli Iscuron è la loro capacità di produrre musica che va oltre i confini dei generi. Il loro sound è sempre sperimentale e innovativo, senza mai tralasciare l'aspetto emotivo. Grazie a questo, sono riusciti a conquistare un pubblico sempre più vasto, diventando uno dei gruppi musicali più apprezzati del panorama italiano.
In conclusione, gli Iscuron sono senza dubbio uno dei gruppi musicali più interessanti e innovativi del panorama italiano. Grazie alla loro capacità di sperimentare nuove sonorità e di creare atmosfere coinvolgenti, hanno conquistato un vasto pubblico di appassionati di musica elettronica. Se non li hai ancora ascoltati, non perdere l'occasione di immergerti nel loro sound evocativo e coinvolgente.
2024-03-17
La Profonda Oscurità del Black Metal
Ciao Alessandro, prima di tutto grazie per la disponibilità e benvenuto sulle pagine di StaiMusic.
Nel tuo one-man project Iscuron ti occupi praticamente di tutto, dalla fase compositiva a quella produttiva. Cosa ti ha spinto a dar vita a questo progetto?
La necessità di esprimere attraverso la musica delle atmosfere che vivo interiormente, principalmente ispirate da paesaggi o eventi naturali che mi circondano e in parte da ciò che osservo accadere intorno a me. Per questo progetto, essendo la trasposizione di sentimenti personali interiori, ho sentito la necessità di avere libertà espressiva assoluta e il controllo di tutte le fasi. Il progetto è nato nel 2020, ad uno stile di vita già isolato si è aggiunta la dimensione del lockdown per la pandemia che ha creato il contesto ideale per concentrarmi su questa iniziativa. L’esperienza è stata estremamente positiva e quindi il progetto continuerà a vivere nelle stesse modalità.
Da cosa deriva il nome Iscuron e perché questa scelta?
E’ una parola nel dialetto locale del luogo in cui vivo, più o meno significa nel buio, nell’oscurità. Il concetto è richiamato anche nell’ultima traccia del disco In The Darkness. Anche se nel primo disco non ci sono testi in Italiano, non lo escludo invece per il futuro, ci tenevo comunque ad inserire un elemento del luogo da cui vengo, a cui sono molto legato e che è per me importante fonte di ispirazione.
Ho letto che dal 98 sei anche membro di un altro gruppo: avendo quindi esperienza con una dimensione più canonica di band, quali trovi siano le principali differenze nel lavorare in gruppo e nel farlo invece per conto proprio?
Entrambe le esperienze hanno dei pro e dei contro. Lavorare in una band è più socialmente divertente e gli inevitabili (e giustissimi in quel contesto) compromessi artistici con gli altri membri possono produrre una miscela musicale inattesa e interessante. Al contempo, quando non si è più giovanissimi, non è facile allineare gli impegni e il tempo di tutti i membri, le tempistiche realizzative inevitabilmente si allungano e secondo me il risultato ne può risentire perché non si riesce a cogliere l’attimo dell’ispirazione. Nel progetto solista hai invece il controllo totale di tutti gli aspetti e puoi riuscire a scattare una fotografia che cattura quasi esattamente la tua ispirazione di quel momento, ogni album può essere il prodotto di una full-immersion. D’altro canto non hai una contro-campana che può obiettare alcune tue scelte, che a volte può essere d’aiuto. Non considero un’esperienza migliore dell’altra, sono dimensioni differenti, ma senz’altro il progetto Iscuron rimarrà solista perché ne ho bisogno.
A gennaio di quest’anno (nda intervista del 2021) è uscito il bellissimo The Nothing Has Defeated Atreyu, un titolo che mi ha decisamente colpito. Perché questa scelta e cosa volevi raccontare con l’album?
Molti dei temi che tratto nei testi possono essere considerati frutto di una visione un po’ nichilista dell’umanità. Credo che questo titolo incarni metaforicamente molto bene questo punto di vista e che rientri in una cornice dark fantasy che è uno dei miei obiettivi atmosferici. Inoltre è un omaggio all’opera La Storia Infinita di Michael Ende che da piccolo mi aveva molto coinvolto e che guardando indietro credo abbia fortemente influenzato i miei gusti negli anni a venire. Il testo della titletrack in alcune parti cita quasi testualmente il discorso finale del lupo Gmork nel film, proprio prima dell’attacco ad Atreyu.
Il mix tra parti melodiche, elettronica e Black Metal donano sicuramente un’impronta molto personale al sound del progetto Iscuron. Cosa volevi ottenere quando hai iniziato a comporre l’album e come sei arrivato a questa sintesi?
Il mio obiettivo fondamentale nel comporre musica è ricreare, attraverso le canzoni, certe atmosfere che ho in testa. Per ricreare queste atmosfere sono aperto a valutare qualunque ingrediente musicale che faciliti il risultato finale. Io, ad esempio, non sono un esperto di musica elettronica, neppure la ascolto. Tuttavia se un elemento preso da quel genere può contribuire a ricreare l’atmosfera che cerco, lo utilizzo e cerco di adattarlo al contesto generale del pezzo. Paradossalmente come ascoltatore sono invece un purista. Oltre il 90% della musica che ascolto è Black Metal molto puro e se possibile risalente alla prima metà degli anni ’90.
Il lavoro fatto su The Nothing Has Defeated Atreyu mi conferma per l’ennesima volta come il Black sia il sottogenere Metal che meglio si adatta all’essere contaminato. Cosa ne pensi?
Trovo la tua osservazione estremamente interessante, ammetto di non averci mai pensato in questi termini. Riflettendoci mi trovo molto d’accordo. Può sembrare paradossale se pensiamo all’ integralismo di genere che ha dominato i primissimi anni della scena Norvegese, soprattutto se pensiamo che è stata quella scena a rendere il genere un fenomeno globale. Poi però qualcosa è cambiato. Legandomi alla mia risposta precedente, forse il motivo è proprio che in molto casi chi compone Black Metal non vuole necessariamente suonare Rock e forse nemmeno Metal. E’ un mondo a parte, aperto a qualunque soluzione che contribuisca a raggiungere l’atmosfera che si vuole creare. Lo stesso Varg Vikerness (nda fondatore ed unico membro dei Burzum),che di certo non era l’ultimo arrivato, già nella seconda metà degli anni ’90, dopo aver composto delle pietre miliari del Black Metal, aveva dichiarato di non considerarsi né Rrock né Metal.
Come sono nati i pezzi che compongono il full length e come hai lavorato sulla produzione?
Le melodie mi nascono in testa e le traduco inizialmente in riff di chitarra. Fatto questo la chitarra passa in secondo piano, o meglio passa al pari di tutti gli altri strumenti in quanto in realtà il mio obiettivo è che non ci sia uno strumento prevalente o protagonista (né in fase di composizione né nel mix finale), la stessa voce è ridotta al minimo e usata come puro strumento. Viste dall’esterno le mie fasi di produzione devono essere estremamente noiose. Lavoro su un pezzo alla volta, a volte su un riff alla volta in maniera piuttosto scientifica ed in assoluta solitudine. Faccio tutto io stesso in home studio, dalla ripresa al mix al master. Esternalizzo solo l’artwork e la promozione.
Quando scopro un album che mi colpisce, la prima cosa che faccio è andarmi a leggere le lyrics, e anche sotto questo aspetto ho trovato molte cose che mi sono piaciute. Parlaci un po' dei testi e di come affronti questa parte del lavoro.
Per ovvie ragioni di metrica i testi sono l’ultimo elemento che scrivo. Tuttavia già in fase compositiva musicale, quando l’atmosfera complessiva del pezzo comincia a prendere forma, comincio a prefigurarmi delle tematiche, titoli o parti di testo che ritengo adeguate e le annoto (spesso su un promemoria del telefono) per una successiva elaborazione. A livello tematico la maggior parte dei testi hanno un’ispirazione nichilista verso l’umanità e ne criticano, attraverso delle metafore, la presunzione e l’auto-illusione di importanza (individuale e collettiva) rispetto al quadro complessivo della storia e della natura. Due eccezioni: Caterina 1667 è ispirato ad un fatto storico realmente accaduto nel luogo dove vivo (ci tengo, come nel caso del nome stesso del progetto, ad includere questo tipo di elementi super locali) e In The Darkness parla della mia relazione con questa musica e del mio stile di vita un po’ isolato.
Anche il concept grafico di The Nothing Has Defeated Atreyu è a mio avviso davvero centrato, la figura mortifera che vaga nel bosco spoglio mi è piaciuta tantissimo. Raccontaci qualcosa di più sulla copertina dell’album.
Ho scelto un dipinto di un artista Russo, Mosaeye. Non è fatto ad hoc, lo aveva già dipinto, l’ho visto mentre stavo mixando i pezzi e mi ha catturato proprio perché credo si sposi con l’atmosfera dell’album. Il bosco mi ricorda moltissimo per conformazione i boschi che circondano il luogo in montagna dove vivo e che sono tra le mie principali fonti di ispirazione. Il personaggio mi piace vederlo come uno spirito che custodisce queste foreste da secoli, indifferente alle civiltà umane che si alternano nel frattempo intorno ad essi. Probabilmente Everlasting Realm è la traccia che più si sposa con l’artwork. Reputo l’artwork un elemento fondamentale del lavoro complessivo, come ascoltatore per me è un elemento decisivo per iniziare ad ascoltare band che non conosco.
Visitando la tua pagina Facebook ho notato che dall’estero c’è un certo interesse per il tuo lavoro, come è stato accolto fino a questo momento l’album? Ci sarà la possibilità di averlo anche in formato fisico?
Mediamente parlando l’album fino ad ora è stato accolto tendenzialmente bene o comunque con interesse in diverse nazioni. Qualche stroncatura totale ovviamente c’è stata, ma meno di quello che temessi. Nella maggior parte dei casi il mio approccio di mixare componenti musicali diverse al servizio della sintesi atmosferica finale è stato compreso. Molte delle critiche sono relative alla produzione o all’esecuzione e ci stanno. Sono il primo ad essere molto autocritico e a voler migliorare come compositore, esecutore e produttore. L’unica critica che non condivido, se usata con accezione negativa, è quella che il disco suona molto anni ’90…per me quello è un obiettivo, non un difetto.
Sto valutando la possibilità di pubblicare il secondo album, già in lavorazione, anche in formato fisico. Contestualmente all’uscita del secondo album ho in mente di realizzare formati fisici anche per il primo.
Facendo musica da più di vent’anni come credi sia cambiata la scena estrema del nostro paese? E più in generale, come vedi lo stato di salute della scena Metal italiana?
Sinceramente non penso che la scena Italiana sia stata o sia migliore o peggiore di quella di altri Paesi. Dipende dalle singole band. Quello che è cambiato è l’accessibilità a produzione, distribuzione e promozione. Credo sia oggettivo che oggi sia più facile realizzare un disco, pubblicarlo e farlo ascoltare sia in Italia che all’estero. Il risultato è che le band Italiane sono cresciute di numero e che fra queste alcune fortunate o meritevoli, potendo più o meno competere alla pari con quelle di altri Paesi, riescono ad essere ascoltati ed apprezzati di più sia in Italia che all’estero. La mia sensazione è che, come conseguenza, oggi ci siano molte più band Italiane ascoltate ed apprezzate in giro per il mondo.
Essendo un progetto one-man band credi ci sarà la possibilità di vedere gli Iscuron dal vivo, pandemia permettendo?
Non a breve. Non lo escludo in assoluto per il futuro, ma al di là della pandemia (che passerà) e della difficoltà a creare una line-up di turnisti (che con impegno è comunque fattibile) la dimensione live non è un mio obiettivo al momento. La mia priorità attuale è continuare a comporre e pubblicare album.
Siamo quasi alla fine di questa chiacchierata, quindi vorrei chiederti ancora, quali sono i progetti futuri per gli Iscuron?
Assolutamente completare e pubblicare il secondo album, che è già in lavorazione, cercando di migliorare come compositore, esecutore e produttore. Non ho assolutamente in programma di sconvolgere il genere musicale che propongo né il mio metodo di lavoro, ma senz’altro continuare a fare quello che faccio migliorando il più possibile. L’obiettivo del primo album era anche quello di creare l’imperfetta piattaforma Iscuron. Ora la piattaforma c’è e posso svilupparla.
Bene, a questo punto non mi resta che salutarti e ringraziarti tantissimo per il tempo che mi hai concesso. Ti lascio le ultime parole da dedicare ai lettori di StaiMusic.
Voglio usare questo spazio per ringraziare te e farti i complimenti per le tue iniziative. La scena estrema vive anche e soprattutto grazie ad iniziative come queste.
Nel tuo one-man project Iscuron ti occupi praticamente di tutto, dalla fase compositiva a quella produttiva. Cosa ti ha spinto a dar vita a questo progetto?
La necessità di esprimere attraverso la musica delle atmosfere che vivo interiormente, principalmente ispirate da paesaggi o eventi naturali che mi circondano e in parte da ciò che osservo accadere intorno a me. Per questo progetto, essendo la trasposizione di sentimenti personali interiori, ho sentito la necessità di avere libertà espressiva assoluta e il controllo di tutte le fasi. Il progetto è nato nel 2020, ad uno stile di vita già isolato si è aggiunta la dimensione del lockdown per la pandemia che ha creato il contesto ideale per concentrarmi su questa iniziativa. L’esperienza è stata estremamente positiva e quindi il progetto continuerà a vivere nelle stesse modalità.
Da cosa deriva il nome Iscuron e perché questa scelta?
E’ una parola nel dialetto locale del luogo in cui vivo, più o meno significa nel buio, nell’oscurità. Il concetto è richiamato anche nell’ultima traccia del disco In The Darkness. Anche se nel primo disco non ci sono testi in Italiano, non lo escludo invece per il futuro, ci tenevo comunque ad inserire un elemento del luogo da cui vengo, a cui sono molto legato e che è per me importante fonte di ispirazione.
Ho letto che dal 98 sei anche membro di un altro gruppo: avendo quindi esperienza con una dimensione più canonica di band, quali trovi siano le principali differenze nel lavorare in gruppo e nel farlo invece per conto proprio?
Entrambe le esperienze hanno dei pro e dei contro. Lavorare in una band è più socialmente divertente e gli inevitabili (e giustissimi in quel contesto) compromessi artistici con gli altri membri possono produrre una miscela musicale inattesa e interessante. Al contempo, quando non si è più giovanissimi, non è facile allineare gli impegni e il tempo di tutti i membri, le tempistiche realizzative inevitabilmente si allungano e secondo me il risultato ne può risentire perché non si riesce a cogliere l’attimo dell’ispirazione. Nel progetto solista hai invece il controllo totale di tutti gli aspetti e puoi riuscire a scattare una fotografia che cattura quasi esattamente la tua ispirazione di quel momento, ogni album può essere il prodotto di una full-immersion. D’altro canto non hai una contro-campana che può obiettare alcune tue scelte, che a volte può essere d’aiuto. Non considero un’esperienza migliore dell’altra, sono dimensioni differenti, ma senz’altro il progetto Iscuron rimarrà solista perché ne ho bisogno.
A gennaio di quest’anno (nda intervista del 2021) è uscito il bellissimo The Nothing Has Defeated Atreyu, un titolo che mi ha decisamente colpito. Perché questa scelta e cosa volevi raccontare con l’album?
Molti dei temi che tratto nei testi possono essere considerati frutto di una visione un po’ nichilista dell’umanità. Credo che questo titolo incarni metaforicamente molto bene questo punto di vista e che rientri in una cornice dark fantasy che è uno dei miei obiettivi atmosferici. Inoltre è un omaggio all’opera La Storia Infinita di Michael Ende che da piccolo mi aveva molto coinvolto e che guardando indietro credo abbia fortemente influenzato i miei gusti negli anni a venire. Il testo della titletrack in alcune parti cita quasi testualmente il discorso finale del lupo Gmork nel film, proprio prima dell’attacco ad Atreyu.
Il mix tra parti melodiche, elettronica e Black Metal donano sicuramente un’impronta molto personale al sound del progetto Iscuron. Cosa volevi ottenere quando hai iniziato a comporre l’album e come sei arrivato a questa sintesi?
Il mio obiettivo fondamentale nel comporre musica è ricreare, attraverso le canzoni, certe atmosfere che ho in testa. Per ricreare queste atmosfere sono aperto a valutare qualunque ingrediente musicale che faciliti il risultato finale. Io, ad esempio, non sono un esperto di musica elettronica, neppure la ascolto. Tuttavia se un elemento preso da quel genere può contribuire a ricreare l’atmosfera che cerco, lo utilizzo e cerco di adattarlo al contesto generale del pezzo. Paradossalmente come ascoltatore sono invece un purista. Oltre il 90% della musica che ascolto è Black Metal molto puro e se possibile risalente alla prima metà degli anni ’90.
Il lavoro fatto su The Nothing Has Defeated Atreyu mi conferma per l’ennesima volta come il Black sia il sottogenere Metal che meglio si adatta all’essere contaminato. Cosa ne pensi?
Trovo la tua osservazione estremamente interessante, ammetto di non averci mai pensato in questi termini. Riflettendoci mi trovo molto d’accordo. Può sembrare paradossale se pensiamo all’ integralismo di genere che ha dominato i primissimi anni della scena Norvegese, soprattutto se pensiamo che è stata quella scena a rendere il genere un fenomeno globale. Poi però qualcosa è cambiato. Legandomi alla mia risposta precedente, forse il motivo è proprio che in molto casi chi compone Black Metal non vuole necessariamente suonare Rock e forse nemmeno Metal. E’ un mondo a parte, aperto a qualunque soluzione che contribuisca a raggiungere l’atmosfera che si vuole creare. Lo stesso Varg Vikerness (nda fondatore ed unico membro dei Burzum),che di certo non era l’ultimo arrivato, già nella seconda metà degli anni ’90, dopo aver composto delle pietre miliari del Black Metal, aveva dichiarato di non considerarsi né Rrock né Metal.
Come sono nati i pezzi che compongono il full length e come hai lavorato sulla produzione?
Le melodie mi nascono in testa e le traduco inizialmente in riff di chitarra. Fatto questo la chitarra passa in secondo piano, o meglio passa al pari di tutti gli altri strumenti in quanto in realtà il mio obiettivo è che non ci sia uno strumento prevalente o protagonista (né in fase di composizione né nel mix finale), la stessa voce è ridotta al minimo e usata come puro strumento. Viste dall’esterno le mie fasi di produzione devono essere estremamente noiose. Lavoro su un pezzo alla volta, a volte su un riff alla volta in maniera piuttosto scientifica ed in assoluta solitudine. Faccio tutto io stesso in home studio, dalla ripresa al mix al master. Esternalizzo solo l’artwork e la promozione.
Quando scopro un album che mi colpisce, la prima cosa che faccio è andarmi a leggere le lyrics, e anche sotto questo aspetto ho trovato molte cose che mi sono piaciute. Parlaci un po' dei testi e di come affronti questa parte del lavoro.
Per ovvie ragioni di metrica i testi sono l’ultimo elemento che scrivo. Tuttavia già in fase compositiva musicale, quando l’atmosfera complessiva del pezzo comincia a prendere forma, comincio a prefigurarmi delle tematiche, titoli o parti di testo che ritengo adeguate e le annoto (spesso su un promemoria del telefono) per una successiva elaborazione. A livello tematico la maggior parte dei testi hanno un’ispirazione nichilista verso l’umanità e ne criticano, attraverso delle metafore, la presunzione e l’auto-illusione di importanza (individuale e collettiva) rispetto al quadro complessivo della storia e della natura. Due eccezioni: Caterina 1667 è ispirato ad un fatto storico realmente accaduto nel luogo dove vivo (ci tengo, come nel caso del nome stesso del progetto, ad includere questo tipo di elementi super locali) e In The Darkness parla della mia relazione con questa musica e del mio stile di vita un po’ isolato.
Anche il concept grafico di The Nothing Has Defeated Atreyu è a mio avviso davvero centrato, la figura mortifera che vaga nel bosco spoglio mi è piaciuta tantissimo. Raccontaci qualcosa di più sulla copertina dell’album.
Ho scelto un dipinto di un artista Russo, Mosaeye. Non è fatto ad hoc, lo aveva già dipinto, l’ho visto mentre stavo mixando i pezzi e mi ha catturato proprio perché credo si sposi con l’atmosfera dell’album. Il bosco mi ricorda moltissimo per conformazione i boschi che circondano il luogo in montagna dove vivo e che sono tra le mie principali fonti di ispirazione. Il personaggio mi piace vederlo come uno spirito che custodisce queste foreste da secoli, indifferente alle civiltà umane che si alternano nel frattempo intorno ad essi. Probabilmente Everlasting Realm è la traccia che più si sposa con l’artwork. Reputo l’artwork un elemento fondamentale del lavoro complessivo, come ascoltatore per me è un elemento decisivo per iniziare ad ascoltare band che non conosco.
Visitando la tua pagina Facebook ho notato che dall’estero c’è un certo interesse per il tuo lavoro, come è stato accolto fino a questo momento l’album? Ci sarà la possibilità di averlo anche in formato fisico?
Mediamente parlando l’album fino ad ora è stato accolto tendenzialmente bene o comunque con interesse in diverse nazioni. Qualche stroncatura totale ovviamente c’è stata, ma meno di quello che temessi. Nella maggior parte dei casi il mio approccio di mixare componenti musicali diverse al servizio della sintesi atmosferica finale è stato compreso. Molte delle critiche sono relative alla produzione o all’esecuzione e ci stanno. Sono il primo ad essere molto autocritico e a voler migliorare come compositore, esecutore e produttore. L’unica critica che non condivido, se usata con accezione negativa, è quella che il disco suona molto anni ’90…per me quello è un obiettivo, non un difetto.
Sto valutando la possibilità di pubblicare il secondo album, già in lavorazione, anche in formato fisico. Contestualmente all’uscita del secondo album ho in mente di realizzare formati fisici anche per il primo.
Facendo musica da più di vent’anni come credi sia cambiata la scena estrema del nostro paese? E più in generale, come vedi lo stato di salute della scena Metal italiana?
Sinceramente non penso che la scena Italiana sia stata o sia migliore o peggiore di quella di altri Paesi. Dipende dalle singole band. Quello che è cambiato è l’accessibilità a produzione, distribuzione e promozione. Credo sia oggettivo che oggi sia più facile realizzare un disco, pubblicarlo e farlo ascoltare sia in Italia che all’estero. Il risultato è che le band Italiane sono cresciute di numero e che fra queste alcune fortunate o meritevoli, potendo più o meno competere alla pari con quelle di altri Paesi, riescono ad essere ascoltati ed apprezzati di più sia in Italia che all’estero. La mia sensazione è che, come conseguenza, oggi ci siano molte più band Italiane ascoltate ed apprezzate in giro per il mondo.
Essendo un progetto one-man band credi ci sarà la possibilità di vedere gli Iscuron dal vivo, pandemia permettendo?
Non a breve. Non lo escludo in assoluto per il futuro, ma al di là della pandemia (che passerà) e della difficoltà a creare una line-up di turnisti (che con impegno è comunque fattibile) la dimensione live non è un mio obiettivo al momento. La mia priorità attuale è continuare a comporre e pubblicare album.
Siamo quasi alla fine di questa chiacchierata, quindi vorrei chiederti ancora, quali sono i progetti futuri per gli Iscuron?
Assolutamente completare e pubblicare il secondo album, che è già in lavorazione, cercando di migliorare come compositore, esecutore e produttore. Non ho assolutamente in programma di sconvolgere il genere musicale che propongo né il mio metodo di lavoro, ma senz’altro continuare a fare quello che faccio migliorando il più possibile. L’obiettivo del primo album era anche quello di creare l’imperfetta piattaforma Iscuron. Ora la piattaforma c’è e posso svilupparla.
Bene, a questo punto non mi resta che salutarti e ringraziarti tantissimo per il tempo che mi hai concesso. Ti lascio le ultime parole da dedicare ai lettori di StaiMusic.
Voglio usare questo spazio per ringraziare te e farti i complimenti per le tue iniziative. La scena estrema vive anche e soprattutto grazie ad iniziative come queste.
Tag: black metal, intervista, Iscuron, gruppi metal
CANZONI ISCURON - LA CLASSIFICA DEI TOP BRANI DELL'ARTISTA
1 - Mighty Winter Night
2 - Princess Of A Dead Land
3 - The Silent Storm