2023-09-03
Sardi, popolo di artisti e guerrieri.
Quando penso alla Sardegna penso non solo alla terra in cui sono nata a cresciuta, penso ad un’isola in cui la realtà si fonde col mito, ad un mondo dove alle storie degli antichi pastori si mescolano quelle delle janas, le fate filatrici che ancora oggi dimorano in segretissime grotte.
C’è chi pensa che la vecchia Atlantide non sia una leggenda e che i guerrieri shardana, possenti e invincibili guardiani del faraone, fossero originari proprio della terra dei nuraghi di cui quel vecchio luogo comune narra che ci vivano gli uomini più bassi e pelosi di tutto il pianeta.
Parlo della mia terra e penso alla musica, rigida e severa del folklore, penso alle maschere dei mamuthones usate nel passato come difesa dallo straniero e come sinonimo di diffidenza da un mondo esterno infimo e oscuro.
Ancora oggi la musica è espressione fiera del mio popolo che ama con veemenza una terra non sempre benevola e fruttuosa.
Nel corso degli anni sono sbocciati nella scena musicale sarda gruppi di grande talento, tra i tanti, cito ad esempio i Tamurita, autentici esponenti dell’orgoglio musicale sardo in continente. Con il loro mix patchanka d’influenza tribale e i loro testi che invocano la madre terra, si scontrano con la tematica mai morta dell’uomo moderno e della sua brama di potere ad ogni costo, come narrato nel brano Note di Luce: una terra arida e che ha sete, orfana e ferita che chiede aiuto e protezione ai suoi figli.
I Golaseca con il loro etno-rock fiabesco, ci riportano ad una dimensione festosa tipica delle sagre di paese con la loro canzone pub agricolo ma i cui testi sono un vero e proprio urlo che parte dal più profondo Sulcis fino ad arrivare dritto alle orecchie di un Sud unito. L’immagine simbolica sfoggia fiera la bandiera dei quattro mori, leitmotiv impeccabile dei loro video e concerti, come anche la maschera che ricorda quella de Su Boe o l’elmetto da minatore a rammentare che parte di loro proviene dal movimento di protesta dell’ALCOA di Portovesme.
Orgoglio tutto cagliaritano quello de I Padrini, i Guns’n Roses di Cagliari come amano definirsi in una delle loro canzoni. Il loro è uno slang tipico del capoluogo sardo, divertente e autoirònico ma mai pesante nel loro punk-rock tutto di sobborgo. I temi raccontano una città che cela storie di bizzarri personaggi e strampalate vicissitudini tramandate tra i banchi del liceo Pacinotti. Anche loro non trascurano temi sociali, criticando con un briciolo di nostalgia ma senza perdere il sense of humor, il ripascimento della spiaggia del Poetto, vero e proprio scempio paesaggistico da parte di menti locali poco lungimiranti. Col nuovo disco Lo Show dei Demoni si stanno facendo conoscere anche fuori dallo scenario isolano mantenendo la loro genuina impronta autoctona.
L’orgoglio, spesso confuso con testardaggine e chiusura, è piuttosto la manifestazione di un popolo con una grande dignità ma, al tempo stesso, consapevole dei propri problemi, un popolo che ha voglia di farsi sentire e di crescere nelle proprie tradizioni. Senza barriere, in un linguaggio che è universale.
C’è chi pensa che la vecchia Atlantide non sia una leggenda e che i guerrieri shardana, possenti e invincibili guardiani del faraone, fossero originari proprio della terra dei nuraghi di cui quel vecchio luogo comune narra che ci vivano gli uomini più bassi e pelosi di tutto il pianeta.
Parlo della mia terra e penso alla musica, rigida e severa del folklore, penso alle maschere dei mamuthones usate nel passato come difesa dallo straniero e come sinonimo di diffidenza da un mondo esterno infimo e oscuro.
Ancora oggi la musica è espressione fiera del mio popolo che ama con veemenza una terra non sempre benevola e fruttuosa.
Nel corso degli anni sono sbocciati nella scena musicale sarda gruppi di grande talento, tra i tanti, cito ad esempio i Tamurita, autentici esponenti dell’orgoglio musicale sardo in continente. Con il loro mix patchanka d’influenza tribale e i loro testi che invocano la madre terra, si scontrano con la tematica mai morta dell’uomo moderno e della sua brama di potere ad ogni costo, come narrato nel brano Note di Luce: una terra arida e che ha sete, orfana e ferita che chiede aiuto e protezione ai suoi figli.
I Golaseca con il loro etno-rock fiabesco, ci riportano ad una dimensione festosa tipica delle sagre di paese con la loro canzone pub agricolo ma i cui testi sono un vero e proprio urlo che parte dal più profondo Sulcis fino ad arrivare dritto alle orecchie di un Sud unito. L’immagine simbolica sfoggia fiera la bandiera dei quattro mori, leitmotiv impeccabile dei loro video e concerti, come anche la maschera che ricorda quella de Su Boe o l’elmetto da minatore a rammentare che parte di loro proviene dal movimento di protesta dell’ALCOA di Portovesme.
Orgoglio tutto cagliaritano quello de I Padrini, i Guns’n Roses di Cagliari come amano definirsi in una delle loro canzoni. Il loro è uno slang tipico del capoluogo sardo, divertente e autoirònico ma mai pesante nel loro punk-rock tutto di sobborgo. I temi raccontano una città che cela storie di bizzarri personaggi e strampalate vicissitudini tramandate tra i banchi del liceo Pacinotti. Anche loro non trascurano temi sociali, criticando con un briciolo di nostalgia ma senza perdere il sense of humor, il ripascimento della spiaggia del Poetto, vero e proprio scempio paesaggistico da parte di menti locali poco lungimiranti. Col nuovo disco Lo Show dei Demoni si stanno facendo conoscere anche fuori dallo scenario isolano mantenendo la loro genuina impronta autoctona.
L’orgoglio, spesso confuso con testardaggine e chiusura, è piuttosto la manifestazione di un popolo con una grande dignità ma, al tempo stesso, consapevole dei propri problemi, un popolo che ha voglia di farsi sentire e di crescere nelle proprie tradizioni. Senza barriere, in un linguaggio che è universale.
Tag: sardegna, folkrock, worldmusic, tradizioni, terraorgogliosa
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