2024-11-26
La sospensione dell'ordine e la condizione caotica del mondo trap, 6ix9ine.
Chiudete gli occhi... immaginatevi una bandiera con i colori dell’arcobaleno.
Sfido chiunque a non aver compiuto anche involontariamente una di queste due associazioni mentali: la bandiera della pace o quella delle lotte per il riconoscimento dei diritti omosessuali. Tutte immagini che dell’arcobaleno rimandano l’idea di unione delle disuguaglianze, di reciproca accettazione e rispetto. Sarà per questo motivo, ma alla visione della colorata (o alla luce dei fatti dovrei forse scrivere colorita) immagine di 6ix9ine non mi sarei di certo aspettata nulla di ciò che ho effettivamente trovato.
Un incrocio tra hip hop, rap e canzone latina che musicalmente non ha alcun tipo di interesse. È bello lasciarsi trasportare dai quei motivetti leggeri, senza pretese liriche, coinvolgenti per un riff e per un ritmo particolarmente ben accostati: a queste musiche si perdona di buon grado un testo banale, anzi, ci ritroviamo a cantarlo in auto, sotto la doccia o in fila al supermarket. È altresì bello perdersi, soprattutto nel rap, in musiche spesso volutamente neutre, che sottolineano come l’evidenziatore giallo, tracce di parole profonde o semplicemente vere.
6ix9ine non è assolutamente nulla di tutto ciò, oserei dire che non sia artisticamente nulla, se non scarsa definizione di genere musicale, completa assenza di stile, non giudico, dicendosi rapper, la qualità e l’uso della voce, ma soprattutto cattivo gusto nella scelta dei contenuti, tanto quanto del lessico. Quello di 6ix9ine è volutamente un linguaggio pornografico fine a se stesso, non allude a nulla se non alla volontà di provocare attraverso la pura volgarità. Non siamo nemmeno nel campo dell’eros: tutto è chiaramente e malamente esplicitato senza un fine diverso dal mettere in mostra atteggiamenti, stili di vita, oggetti, corpi. Non a caso si tratta di un personaggio nato dal mondo di Instagram e prestato alla musica, a mio umile ed opinabile avviso, per gioco e per caso, non certo per merito. Il rap sa portare all’ascoltatore forti denunce, talvolta con ironia, altre volte con amarezza; ho sempre sentito rapper cantare con l’umiltà di cantastorie che non vogliono farsi sentire troppo forte, perché quello che hanno da dire fa male in un modo o nell’altro.
Riflettendo sulla necessità di tanto cattivo gusto, evidente, poiché molto apprezzato da un certo tipo di pubblico mi sovviene un termine, preso in prestito da una recente conversazione tra amiche: aiscrologia [dal greco aischrós, vergognoso, osceno+-logia]. Si tratta di un espediente letterario della grecia antica in cui si fa ricorso impudente e provocatorio all’oscenità. Il linguaggio volgare veniva usato in occasioni in cui si desiderava stabilire una temporanea sospensione dell'ordine, durante la quale si poteva, anzi si “doveva” dire ciò che normalmente era vietato dalla decenza al fine di instaurare una condizione caotica dalla quale tornare poi rigenerati alla normale condizione di vita, dopo che paure ed incertezze, violenza e brutture, siano state in tal modo esorcizzate. Un carnevale più profondo, ma non così lontano da quello della nostra tradizione, insomma. Se fosse questo il caso, si tratterebbe di una mascherata in grado di restituire a 6ix9ine perlomeno la definizione di artista.
Non è nemmeno così.
Le parole di 6ix9ine non denunciano nulla, se non la propria volgarità: il linguaggio ed il modo di esternare ricorda quegli adolescenti in preda ai primi dilemmi ormonali, che pronunciano con fascino, strafottenza, un briciolo di timore e tanta succulente soddisfazione, nuove parole proibite. Veniamo all’aspetto fisico: ancora una volta prende a prestito gli abiti del rapper per colorarli di superficialità e travestirli da cartone giapponese, dando fieramente un’immagine di cattivo gusto, talvolta genuinamente brutta.
Sfido chiunque a non aver compiuto anche involontariamente una di queste due associazioni mentali: la bandiera della pace o quella delle lotte per il riconoscimento dei diritti omosessuali. Tutte immagini che dell’arcobaleno rimandano l’idea di unione delle disuguaglianze, di reciproca accettazione e rispetto. Sarà per questo motivo, ma alla visione della colorata (o alla luce dei fatti dovrei forse scrivere colorita) immagine di 6ix9ine non mi sarei di certo aspettata nulla di ciò che ho effettivamente trovato.
Un incrocio tra hip hop, rap e canzone latina che musicalmente non ha alcun tipo di interesse. È bello lasciarsi trasportare dai quei motivetti leggeri, senza pretese liriche, coinvolgenti per un riff e per un ritmo particolarmente ben accostati: a queste musiche si perdona di buon grado un testo banale, anzi, ci ritroviamo a cantarlo in auto, sotto la doccia o in fila al supermarket. È altresì bello perdersi, soprattutto nel rap, in musiche spesso volutamente neutre, che sottolineano come l’evidenziatore giallo, tracce di parole profonde o semplicemente vere.
6ix9ine non è assolutamente nulla di tutto ciò, oserei dire che non sia artisticamente nulla, se non scarsa definizione di genere musicale, completa assenza di stile, non giudico, dicendosi rapper, la qualità e l’uso della voce, ma soprattutto cattivo gusto nella scelta dei contenuti, tanto quanto del lessico. Quello di 6ix9ine è volutamente un linguaggio pornografico fine a se stesso, non allude a nulla se non alla volontà di provocare attraverso la pura volgarità. Non siamo nemmeno nel campo dell’eros: tutto è chiaramente e malamente esplicitato senza un fine diverso dal mettere in mostra atteggiamenti, stili di vita, oggetti, corpi. Non a caso si tratta di un personaggio nato dal mondo di Instagram e prestato alla musica, a mio umile ed opinabile avviso, per gioco e per caso, non certo per merito. Il rap sa portare all’ascoltatore forti denunce, talvolta con ironia, altre volte con amarezza; ho sempre sentito rapper cantare con l’umiltà di cantastorie che non vogliono farsi sentire troppo forte, perché quello che hanno da dire fa male in un modo o nell’altro.
Riflettendo sulla necessità di tanto cattivo gusto, evidente, poiché molto apprezzato da un certo tipo di pubblico mi sovviene un termine, preso in prestito da una recente conversazione tra amiche: aiscrologia [dal greco aischrós, vergognoso, osceno+-logia]. Si tratta di un espediente letterario della grecia antica in cui si fa ricorso impudente e provocatorio all’oscenità. Il linguaggio volgare veniva usato in occasioni in cui si desiderava stabilire una temporanea sospensione dell'ordine, durante la quale si poteva, anzi si “doveva” dire ciò che normalmente era vietato dalla decenza al fine di instaurare una condizione caotica dalla quale tornare poi rigenerati alla normale condizione di vita, dopo che paure ed incertezze, violenza e brutture, siano state in tal modo esorcizzate. Un carnevale più profondo, ma non così lontano da quello della nostra tradizione, insomma. Se fosse questo il caso, si tratterebbe di una mascherata in grado di restituire a 6ix9ine perlomeno la definizione di artista.
Non è nemmeno così.
Le parole di 6ix9ine non denunciano nulla, se non la propria volgarità: il linguaggio ed il modo di esternare ricorda quegli adolescenti in preda ai primi dilemmi ormonali, che pronunciano con fascino, strafottenza, un briciolo di timore e tanta succulente soddisfazione, nuove parole proibite. Veniamo all’aspetto fisico: ancora una volta prende a prestito gli abiti del rapper per colorarli di superficialità e travestirli da cartone giapponese, dando fieramente un’immagine di cattivo gusto, talvolta genuinamente brutta.
Tag: 6ix9ine, rap, rapper, cattivo gusto, 69, criminale, instagram, effetto contrario
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