2023-12-17
Il futuro nelle immagini pure di Stelle e Popcorn, il nuovo album di Sergio Noya, la nuova musica italiana
Ciao Sergio! È un grande piacere per la redazione di Staimusic poterti fare alcune domande sul tuo ultimo lavoro, Stelle e Popcorn! Un lavoro che secondo noi si inserisce molto bene nel contesto della nuova musica italiana, non solo attenta all’aspetto commerciale, ma proiettato verso una valutazione attenta della qualità sonora offerta.
Com’è stata la tua presa di coscienza nel passaggio da ragazzo ad adulto?
Ricordo con precisione il giorno: era venerdì 3 marzo 2017 (le mail aiutano la memoria), quando Giampaolo Rosselli mi chiese se avevo qualche canzone da fargli ascoltare. Mi chiusi in casa un paio di giorni per poi inviargli 37 brani. Fu fantastico, liberatorio, necessario. Misi insieme numerosi “pizzini” sparsi tra pantaloni e cassetti, alcuni sopravvissuti addirittura alla centrifuga della lavatrice. Evidentemente l’album era già scritto ma io non me ne ero reso conto fino a quel momento (grazie Giampaolo!).
Come facciamo a non perdere il fanciullo che c’è in noi?
I grandi di quando ero piccolo sembravano davvero grandi. E’ stato solo nel momento in cui ho capito che il passaggio da ragazzo ad adulto non cambia la sostanza delle cose, ma si limita a migliorarne la forma, che ho percepito la portata del cambiamento. La consapevolezza di essere adulto, a differenza della paura di doverlo diventare, esalta il fanciullo che è in noi.
La paternità ha cambiato il tuo modo di concepire la musica e la sua istanza comunicativa?
La paternità ha cambiato il mio modo di concepire la vita nel suo insieme. Dopo lo spavento iniziale, mio figlio ha costruito nella mia esistenza un meraviglioso presepe nel quale lui si è vestito da stella cometa e io da re magio.
L’esperienza muta in qualche modo la nostra percezione del bello e dell’amore?
Qualunque idea quando prende forma si sporca. L’empirismo accumulato negli anni regala nuovi punti di vista. Qui mi gioco lo splendido Niccolò Fabi “costruire è sapere rinunciare alla perfezione”. Sono convinto che ciò che esiste sia di gran lunga migliore rispetto a ciò che rimane immaginato, soprattutto se si tratta di amore o di bellezza.
Spesso, quando ci s’incontra, non si è mai naturali, o troppo spontanei. Cosa pensi del momento tra quando ci si vede per la prima volta e quando ci si conosce davvero, e magari ci si accetta?
Dopo il surreale periodo di eccitazione misto passione, di “frasi a effetto e calze a rete”, che caratterizza l’incontro di due sconosciuti attratti l’uno dall’altro, si arriva sempre allo “stargate” una sorta di metal detector attraverso il quale suona tutto ciò che non è vero. Come in aeroporto capita ogni tanto di doversi fermare per spogliarsi di cinte, scarpe e monetine, così nella maturazione di un amore si deve rinunciare a tutto ciò che non è essenziale prima di riuscire a volare.
L’abitudine è una prigione sicura e il cambiamento spaventa. Ma se sapessimo che il cambiamento volge le cose al bene per quanto ne mischi l’ordine, come ci sentiremmo nei confronti dell’abitudine?
Quello che spaventa gli abitudinari spesso non è il risultato del cambiamento, quanto la fase di destrutturazione del proprio status quo. Un po’ come l’iniezione che si fa per guarire da un male; anche se necessaria, spaventa a tal punto da inibire alcuni.
L’intervista continua nella pagina dell’artista.
Com’è stata la tua presa di coscienza nel passaggio da ragazzo ad adulto?
Ricordo con precisione il giorno: era venerdì 3 marzo 2017 (le mail aiutano la memoria), quando Giampaolo Rosselli mi chiese se avevo qualche canzone da fargli ascoltare. Mi chiusi in casa un paio di giorni per poi inviargli 37 brani. Fu fantastico, liberatorio, necessario. Misi insieme numerosi “pizzini” sparsi tra pantaloni e cassetti, alcuni sopravvissuti addirittura alla centrifuga della lavatrice. Evidentemente l’album era già scritto ma io non me ne ero reso conto fino a quel momento (grazie Giampaolo!).
Come facciamo a non perdere il fanciullo che c’è in noi?
I grandi di quando ero piccolo sembravano davvero grandi. E’ stato solo nel momento in cui ho capito che il passaggio da ragazzo ad adulto non cambia la sostanza delle cose, ma si limita a migliorarne la forma, che ho percepito la portata del cambiamento. La consapevolezza di essere adulto, a differenza della paura di doverlo diventare, esalta il fanciullo che è in noi.
La paternità ha cambiato il tuo modo di concepire la musica e la sua istanza comunicativa?
La paternità ha cambiato il mio modo di concepire la vita nel suo insieme. Dopo lo spavento iniziale, mio figlio ha costruito nella mia esistenza un meraviglioso presepe nel quale lui si è vestito da stella cometa e io da re magio.
L’esperienza muta in qualche modo la nostra percezione del bello e dell’amore?
Qualunque idea quando prende forma si sporca. L’empirismo accumulato negli anni regala nuovi punti di vista. Qui mi gioco lo splendido Niccolò Fabi “costruire è sapere rinunciare alla perfezione”. Sono convinto che ciò che esiste sia di gran lunga migliore rispetto a ciò che rimane immaginato, soprattutto se si tratta di amore o di bellezza.
Spesso, quando ci s’incontra, non si è mai naturali, o troppo spontanei. Cosa pensi del momento tra quando ci si vede per la prima volta e quando ci si conosce davvero, e magari ci si accetta?
Dopo il surreale periodo di eccitazione misto passione, di “frasi a effetto e calze a rete”, che caratterizza l’incontro di due sconosciuti attratti l’uno dall’altro, si arriva sempre allo “stargate” una sorta di metal detector attraverso il quale suona tutto ciò che non è vero. Come in aeroporto capita ogni tanto di doversi fermare per spogliarsi di cinte, scarpe e monetine, così nella maturazione di un amore si deve rinunciare a tutto ciò che non è essenziale prima di riuscire a volare.
L’abitudine è una prigione sicura e il cambiamento spaventa. Ma se sapessimo che il cambiamento volge le cose al bene per quanto ne mischi l’ordine, come ci sentiremmo nei confronti dell’abitudine?
Quello che spaventa gli abitudinari spesso non è il risultato del cambiamento, quanto la fase di destrutturazione del proprio status quo. Un po’ come l’iniezione che si fa per guarire da un male; anche se necessaria, spaventa a tal punto da inibire alcuni.
L’intervista continua nella pagina dell’artista.
Tag: Sergio Noya, Stelle e Popcorn , italian classic, musica italiana, intervista, new bands, band emergenti, nuovi gruppi
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