2023-09-28
Di cosa parliamo quando parliamo di musica indie
Forse in un primo momento avrete pensato ai nativi d’America o a musichette indiane in pieno stile Bolliwood. Poi avrete cominciato a credere che la musica indie fosse qualsiasi canzone la cui anatomia fosse composta da un sottofondo di banjo, una serie “ehi, oh!” e lo svisceramento di qualche problema di gioventù nel testo; gli esordi di band come The Lumineers o gli Of Monsters and men confermerebbero abbastanza a pieno questa teoria. Infine, vi si sarà aperto il mondo indie nelle sue infinite sfaccettature: un mondo che non si identifica con un genere in particolare – quello del banjo e degli “ehi, oh!”, ma che ne abbraccia molteplici con risultati sorprendenti.
Indie è un neologismo di derivazione inglese, dove sta per l’abbreviazione di ‘independent’, e, piuttosto che riferirsi ad un tipo di musica si riferisce all’etichetta discografica che la produce. Un’etichetta ‘independent’ è un’etichetta che esula dai quattro mostri sacri della produzione musicale (Warner, Universal Sony ed EMI), e a queste si rivolgono quegli artisti che si ritengono al di fuori della cultura mainstream.
Il fatto che questo termine, una volta entrato nel linguaggio comune, sia stato frainteso ed applicato anche a cantanti/gruppi dalle presunte sonorità indie ma in realtà prodotti da altri enti, così come l’impronta commerciale che alcune di queste etichette ha assunto nel tempo, ha poi portato al fraintendimento del vero significato di questa definizione.
L’indie, tra l’altro, non è neanche un fenomeno di ultima generazione come si suole credere: molti di quelli che riteniamo classici della musica furono “indipendenti” a loro tempo. Pensereste forse di abbinare i The Killers o i Red Hot Chili Peppers all’idea attuale di indie? In realtà, dovreste.
Si parla di etichette indipendenti già negli anni ‘70 e alcuni sociologi hanno definito queste come dei veri e propri laboratori musicali da cui sono venute fuori le più originali innovazioni del campo. Tuttavia, la loro apparizione è ancora più remota: basti pensare che fu un’etichetta indipendente, la Sun Records, a pubblicare i primi dischi di Elvis Presley negli anni ‘50!
Come già detto, oggi a prevalere è la valenza stilistica del termine indie, piuttosto che il concetto etico della produzione indipendente, e pertanto viene spesso utilizzato impropriamente come sinonimo di musica alternativa. Per cui non stupitevi se in una playlist indie, nel senso originale del termine, vi troverete insieme gli Smiths, Damien Rice e Alt – J: avrete beccato, comunque, la playlist giusta.
Indie è un neologismo di derivazione inglese, dove sta per l’abbreviazione di ‘independent’, e, piuttosto che riferirsi ad un tipo di musica si riferisce all’etichetta discografica che la produce. Un’etichetta ‘independent’ è un’etichetta che esula dai quattro mostri sacri della produzione musicale (Warner, Universal Sony ed EMI), e a queste si rivolgono quegli artisti che si ritengono al di fuori della cultura mainstream.
Il fatto che questo termine, una volta entrato nel linguaggio comune, sia stato frainteso ed applicato anche a cantanti/gruppi dalle presunte sonorità indie ma in realtà prodotti da altri enti, così come l’impronta commerciale che alcune di queste etichette ha assunto nel tempo, ha poi portato al fraintendimento del vero significato di questa definizione.
L’indie, tra l’altro, non è neanche un fenomeno di ultima generazione come si suole credere: molti di quelli che riteniamo classici della musica furono “indipendenti” a loro tempo. Pensereste forse di abbinare i The Killers o i Red Hot Chili Peppers all’idea attuale di indie? In realtà, dovreste.
Si parla di etichette indipendenti già negli anni ‘70 e alcuni sociologi hanno definito queste come dei veri e propri laboratori musicali da cui sono venute fuori le più originali innovazioni del campo. Tuttavia, la loro apparizione è ancora più remota: basti pensare che fu un’etichetta indipendente, la Sun Records, a pubblicare i primi dischi di Elvis Presley negli anni ‘50!
Come già detto, oggi a prevalere è la valenza stilistica del termine indie, piuttosto che il concetto etico della produzione indipendente, e pertanto viene spesso utilizzato impropriamente come sinonimo di musica alternativa. Per cui non stupitevi se in una playlist indie, nel senso originale del termine, vi troverete insieme gli Smiths, Damien Rice e Alt – J: avrete beccato, comunque, la playlist giusta.
Tag: indie, etichette, indipendenti
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